E dietro di lei la porta segreta si mosse rumorosamente chiudendola dentro.
Senza esitazione, si voltò e ripose l'emblema nella cavità... e la sezione della parete salì immediatamente, scivolando senza sforzo attraverso un sistema di rotaie nascoste. Sollevata, Rebecca tornò a osservare il pesante stemma d'oro con aria pensierosa.
Qualcuno aveva escogitato tutto quello per tenere segreto il medaglione, perciò doveva essere importante... ma come si poteva rimuovere? E quello sopra il caminetto rivelava anch'esso un passaggio segreto?
"O... ma quello sopra il caminetto aveva le stesse dimensioni?"
Non poteva esserne certa, tuttavia pensava di sì... e si rese conto istintivamente che quella era la risposta esatta. Se li avesse scambiati, servendosi di quello di legno per tenere aperta la porta, piazzando quello d'oro sopra il caminetto...
Rebecca tornò nella sala, sorridendo. Chris le aveva detto di aspettarlo senza muoversi, ma lei non sarebbe stata via più di un paio di minuti... e forse, quando fosse tornato, avrebbe avuto qualcosa da mostrargli, un reale contributo alla risoluzione dei segreti della villa.
Una prova del fatto che, dopotutto, lei non era così incapace.
11
Barry e Jill si trovavano nel condotto coperto in cui era posizionata la serratura con il puzzle e respiravano l'aria pura della notte. Oltre le mura, i grilli e le cicale ripetevano all'infinito le loro canzoni, un dolce ricordo del mondo incontaminato dalla follia che ancora esisteva all'esterno.
La tragedia sfiorata aveva lasciato a Jill un'impressione di leggerezza alla testa che in qualche modo le dava la nausea. Barry l'aveva sospinta con dolcezza sino alla porta posteriore, suggerendo che una boccata d'aria fresca le avrebbe fatto bene. Diceva di non aver trovato Chris e Wesker, benché sembrasse certo che fossero ancora vivi. Rapidamente la mise al corrente dei fatti, ripercorrendo il suo girovagare per i meandri della casa mentre Jill si appoggiava alla parete, ancora intenta a respirare l'aria pulita a profonde boccate.
— ... e quando ho udito gli spari, sono arrivato di corsa. — Barry si grattò con aria assente la corta barba. Le sorrise, con un'espressione esitante. — Fortuna per te. Altri due secondi e saresti stata ridotta a un sandwich.
Jill gli sorrise, ringraziandolo con un cenno di assenso, ma notò che il suo compagno aveva un'aria un po'... confusa, e il suo humour pareva forzato. Strano. Non avrebbe immaginato che Barry fosse un tipo da risentire della tensione davanti al pericolo.
"C'è da meravigliarsene? Siamo intrappolati qui, non riusciamo a trovare il resto della squadra e l'intera magione sembra sul punto di volerci distruggere. Non è esattamente una situazione in cui sbellicarsi dalle risate."
— Spero di poterti restituire il favore la prossima volta che ti troverai con le spalle al muro — disse la ragazza a mezza voce. — Davvero. Mi hai salvato la vita.
Barry distolse lo sguardo, arrossendo leggermente. — Sono contento di averti potuto aiutare — rispose in tono burbero. — Solo ti raccomando di stare più attenta. Questo posto è pericoloso.
Jill annuì ancora, ripensando a quanto era stata vicina a rimetterci la pelle. Rabbrividì appena, poi si costrinse a pensare ad altro, avevano bisogno di concentrarsi su Chris e Wesker. — Così, sei convinto che siano ancora vivi?
— Già. Oltre ai bossoli c'è un'intera scia di quei mostri stecchiti nell'altra ala della casa, tutti eliminati con un colpo in testa. Dev'essere opera di Chris... benché anch'io abbia dovuto stenderne un paio di sopra. Perciò immagino che si sia infilato da qualche parte lungo la strada...
Barry indicò con il mento il diagramma inserito nella parete. — Allora, l'emblema con la stella era già inserito?
Jill aggrottò la fronte, un po' sorpresa da quell'improvviso cambio di argomento. Chris era uno dei più cari amici di Barry.
— No, l'ho trovato in un'altra stanza difesa da una trappola. Questo luogo ne sembra pieno. In realtà, forse dovremmo andare insieme a cercare Wesker e Chris... non sappiamo in cosa possono essere incappati, o cos'altro potrebbe capitare a noi.
Barry scosse il capo. — Non lo so. Voglio dire, hai ragione, dovremmo coprirci le spalle... ma ci sono un mucchio di stanze e la nostra priorità è di trovare una via di fuga. Se ci dividiamo, potremmo provare a cercare il resto di questi emblemi, e rintracciare Chris allo stesso tempo. E Wesker, naturalmente.
Benché il suo atteggiamento non fosse cambiato, Jill ebbe improvvisamente la distinta impressione che Barry fosse a disagio. Si era voltato per studiare il diagramma di rame, ma sembrava quasi voler evitare che i loro sguardi s'incrociassero.
— Del resto — concluse l'uomo — adesso sappiamo contro cosa ci dobbiamo misurare. Finché usiamo il buon senso, ce la caveremo.
— Barry, stai bene? Sembri... esausto. — Non era il termine corretto, ma fu l'unico che le venne in mente.
Lui sospirò, incontrando finalmente il suo sguardo. Sembrava realmente esausto, sotto gli occhi aveva delle borse scure, e le spalle massicce ricadevano pesantemente in avanti.
— No, sto bene. Sono solo preoccupato per Chris, sai?
Jill assentì, ma non riuscì a scacciare la sensazione che ci fosse sotto qualcosa di più.
"Una paranoia? Stiamo parlando di Barry Burton, la spina dorsale della sezione STARS di Raccoon... senza contare il fatto che è l'uomo che ti ha appena salvato la vita. Cosa potrebbe nascondere?"
Jill si rendeva conto che stava semplicemente diventando troppo sospettosa... in ogni caso, comunque, decise di non far parola del computer di Trent. Dopo tutto quello che aveva passato, non si sentiva particolarmente incline a fidarsi della gente. Sembrava inoltre che il suo compagno si fosse fatto un'idea abbastanza precisa dello schema della villa, e quindi non aveva assolutamente bisogno di quelle informazioni.
"Perciò cerca di essere razionale. La prossima volta sospetterai che è stato il capitano Wesker a ordire l'intera faccenda..."
Jill provò un senso d'irritazione mentre si scostava dalla parete e, insieme a Barry, si dirigeva lentamente verso la casa. Ecco, quella era un'idea veramente paranoica.
Si fermarono di fronte alla porta, e Jill respirò un'ultima serie di boccate di aria pulita, permettendo che le placasse i nervi. Barry estrasse la Colt Phyton e ne ricaricò il tamburo con un'espressione cupa.
— Pensavo di dirigermi verso l'ala est, per vedere se riesco a trovare le tracce di Chris — annunciò. — Perché non vai di sopra e cominci a cercare gli altri emblemi? In questo modo potremo coprire tutte le stanze, mentre ci apriamo la strada per tornare verso l'atrio...
Jill assentì e Barry aprì la porta con un cigolio di protesta dai cardini arrugginiti. Un'ondata di freddo li investì e Jill sospirò, cercando di prepararsi a fronteggiare un altro labirinto di fredde stanze avvolte nell'ombra, un'altra serie di porte chiuse con i loro segreti nascosti.
— Te la caverai benissimo — la incoraggiò Barry, ponendole una mano calda sulla spalla mentre la sospingeva gentilmente all'interno. Non appena la porta si chiuse alle loro spalle, sollevò la mano, rivolgendole un disinvolto cenno di saluto e un sorriso.
— Buona fortuna — disse, e prima che Jill avesse l'opportunità di replicare, Barry si voltò e si allontanò in fretta, arma in pugno. Facendo cigolare i cardini, scivolò attraverso le doppie porte all'estremità della galleria e scomparve.
Jill rimase a guardare nella sua direzione, nuovamente sola nel freddo silenzio del corridoio male illuminato e ammorbato da un cattivo odore. Non era uno scherzo della sua immaginazione: Barry le stava celando qualcosa. Ma era veramente un particolare di cui avrebbe dovuto preoccuparsi, o stava solo cercando di proteggerla?
"Forse ha trovato Chris e Wesker, morti, e non ha voluto dirmelo..."
Non era un'idea piacevole, ma avrebbe potuto spiegare il suo strano atteggiamento frettoloso. Chiaramente voleva che se ne andassero dalla casa il più presto possibile e che lei rimanesse nell'ala ovest. E dall'espressione con cui aveva fissato il meccanismo a puzzle, sembrava più preoccupato del modo di uscire di là che di ritrovare Chris e Wesker...
Jill abbassò lo sguardo sulle due figure accartocciate sul pavimento, sulle dense pozze di liquido rosso in via di essiccazione che le circondavano. Forse stava sforzandosi di cercare delle motivazioni che non esistevano. Forse, proprio come lei, Barry era spaventato, e stanco di quella malsana sensazione in cui la morte poteva arrivare in ogni istante.
"Probabilmente dovrei smetterla di pensarci su e fare il mio lavoro. Che troviamo gli altri oppure no, Barry ha ragione: dobbiamo andarcene di qui. Dobbiamo tornare in città e far sapere alla gente cosa sta succedendo..."
Jill raddrizzò le spalle e si avvicinò alla porta che immetteva sulle scale, estraendo l'arma. Se era sopravvissuta a tutte quelle disavventure, poteva spingersi un po' più in là e cercare si svelare il mistero che era già costato la vita di tante persone...
"... o morire nel tentativo" le sussurrò piano la sua mente.
Forest Speyer era morto. Il ragazzo di campagna, sempre sorridente, con i vestiti sgualciti e l'espressione cordiale, se n'era andato per sempre. Il vero Forest era sparito, lasciandosi alle spalle un impostore, privo di vita e coperto di sangue, accasciato contro una parete.
Chris fissò quell'impostore, mentre i lontani rumori della notte si perdevano in un improvviso alito di vento che frustava le grondaie, gemendo tra i corrimani del patio del secondo piano. Era un suono spettrale, ma Forest non poteva sentirlo. Non avrebbe mai più sentito nulla.
Chris si accucciò vicino al corpo immobile, sfilando cautamente la Beretta dalle dita già fredde del collega. Si disse che non avrebbe guardato, ma quando si protese verso il marsupio, il suo sguardo si ritrovò a fissare il vuoto terribile dove un tempo c'erano stati gli occhi del suo compagno.
"Gesù, così è successo? Cosa ti è capitato, amico?"
Il corpo di Forest era coperto di ferite, la maggior parte delle quali della misura di circa tre o quattro centimetri e circondate da carne esposta e sanguinante... come se fosse stato pugnalato centinaia di volte con un coltello male affilato, che a ogni colpo feroce aveva strappato brandelli di pelle e muscolo. Parte della sua cassa toracica era stata crudelmente esposta, e sotto il tessuto rossastro maciullato si intravedevano schegge bianche. Le orbite prive di occhi, grondanti di sangue, erano il particolare più orrendo... come se l'assassino non si fosse accontentato di prendere la vita di Forest, ma avesse voluto impadronirsi anche dell'anima...
C'erano tre caricatori per la Beretta nello zaino dell'agente morto. Chris li ficcò in una tasca e si alzò rapidamente, distogliendo a forza lo sguardo dal corpo mutilato. Scoccò uno sguardo all'esterno, oltre il bosco immerso nel buio, respirando profondamente. I suoi pensieri erano confusi e incerti, alla ricerca di una spiegazione, ma incapaci di fissarsi su alcun evento coerente.
Una volta tornato nell'atrio aveva deciso di controllare tutte le porte per vedere se erano aperte... e quando aveva visto le impronte insanguinate di una mano nello stretto corridoio al piano di sopra e aveva udito gli ululanti versi degli uccelli, era partito alla carica, pronto a fare giustizia...
"... corvi. Sembrano i versi di un intero stormo di corvi... un branco famelico, per dir la verità. Mute di cani, nidiate di gattini e branchi famelici di corvi assassini..."
Sbatté le palpebre, e cercò di focalizzare l'attenzione su quel labirinto di enigmi. Corrugando la fronte, si accucciò vicino al corpo massacrato di Forest, studiandone attentamente le ferite slabbrate. C'erano decine di piccole lacerazioni tra tagli molto più gravi, lacerazioni che sembravano disposte secondo uno schema.
"Artigli. Artigli di corvi."
Nel momento preciso in cui quell'idea gli balenava in testa, udì un forsennato sbattere d'ali. Si voltò lentamente, stringendo ancora la Beretta dell'amico con una mano improvvisamente gelida.
Un mostruoso uccello dalla sagoma allungata era appollaiato sul corrimano a circa sessanta centimetri di distanza e lo osservava con scintillanti occhi neri. Le penne soffici possedevano un'oscura luminescenza sul corpo allungato... e dal suo becco pendeva qualcosa di umido e rosso.
L'uccello reclinò la testa su un lato ed emise un verso terrificante, lasciando cadere un brandello di carne di Forest sul corrimano. Tutt'intorno l'aria notturna riecheggiò dei richiami dei suoi compagni che stavano arrivando. Si udì il furioso fruscio di enormi ali mentre dozzine di sagome oscure e affusolate uscivano da sotto le grondaie, agitando becchi e artigli emettendo versi striduli.
Chris si mise a correre, con l'immagine delle insanguinate e orribili cavità orbitali di Forest che gli pulsava nella mente. Arrivò arrancando nella piccola stanza che dava sull'esterno e chiuse di scatto la porta contro il crescente stridore dei corvi, mentre l'adrenalina gli pompava nelle vene a fiotti roventi.
Trasse un profondo respiro, poi un altro ancora, e dopo qualche istante il cuore rallentò assestandosi su un ritmo più normale. Le strida dei corvi gradualmente si allontanarono, trascinate via dal gentile mugolio del vento.
"Gesù, come posso essere stato così stupido? Stupido, stupido..."
Si era precipitato fuori cercando lo scontro, pronto a vendicare la morte dei suoi compagni... e ciò che aveva trovato lo aveva sconvolto a un punto tale da costringerlo a comportarsi nel modo più sconsiderato. Se non si fosse lasciato turbare tanto dalla morte di Forest, avrebbe stabilito prima un legame tra gli uccelli e il tipo di ferita... e forse avrebbe notato i mangiatori di carne che si riunivano osservandolo dall'ombra, pronti ad avventarsi sulla loro prossima vittima.
Si diresse verso la porta che conduceva all'atrio, furioso con se stesso per essersi fatto trovare impreparato. Non poteva permettersi di commettere altri errori del genere, né lasciare che la sua attenzione si distogliesse da ciò che aveva di fronte. Non era una specie di videogioco, dove poteva premere un pulsante e ricominciare la partita se sbagliava una mossa. La gente veniva uccisa davvero, i suoi amici stavano morendo...
"... e se non tiri fuori la testa dal culo e non cominci a fare attenzione, li raggiungerai... un altro corpo massacrato e senza vita disteso in qualche corridoio, un'altra vittima della follia di questa casa..."
Chris tacitò nella sua mente quell'assillante sussurro, traendo un profondo respiro mentre entrava nell'alta galleria dell'atrio e chiudeva la porta dietro di sé. In quell'ambiente strano e pericoloso, rimproverarsi non era più utile che caricare alla cieca in cerca di vendetta. Doveva concentrarsi sulle cose importanti, i compagni scomparsi della squadra Alpha e Rebecca...
Si incamminò verso le scale, infilando la Beretta di Forest nella cintura. Almeno Rebecca avrebbe avuto l'opportunità di difendersi...
— Chris.
Con un sobbalzo abbassò lo sguardo e vide la giovane agente della STARS che gli sorrideva ai piedi della scalinata.
Scese rapidamente sino all'atrio, felice di vederla, malgrado tutto. — Cos'è successo? Va tutto bene?
Rebecca sollevò una chiave d'argento quando lui la raggiunse, sempre sorridendogli. — Ho trovato qualcosa che credo potrebbe servirti.
Chris prese la chiave, notando che sull'estremità era inciso un piccolo scudo prima di farsela scivolare nella tasca della tuta. Rebecca era raggiante, gli occhi scintillanti di eccitazione.
— Quando te ne sei andato, ho suonato il piano e così facendo ho aperto una porta segreta nella parete. Dentro c'era questo emblema d'oro, simile a uno scudo. L'ho scambiato con quello che si trovava nella sala da pranzo... a quel punto l'orologio a pendolo si è spostato e nella nicchia che stava dietro ho trovato questa chiave... — s'interruppe improvvisamente, mentre il sorriso svaniva dal suo viso. — Mi dispiace... lo so che non avrei dovuto spostarmi, ma ho pensato che avrei potuto raggiungerti prima che ti allontanassi troppo...
— Va tutto bene — replicò lui, sforzandosi di sorridere. — Sono solo sorpreso di vederti. Tieni, ho trovato qualcosa di più efficace del repellente per insetti.
Le porse la Beretta, fornendole anche un paio di caricatori di riserva. Rebecca prese la pistola, osservandola pensosamente.
Quando tornò a guardarlo, il suo sguardo era serio e intenso. — Chi era?
Chris pensò di mentirle, ma si rese conto che lei non l'avrebbe bevuta... e improvvisamente capì per quale ragione si sentiva tanto protettivo nei suoi confronti, da volerla proteggere dalla triste e orribile verità.
"Claire."
Ecco cos'era. Rebecca gli ricordava la sua sorellina, cominciando da quel suo sarcasmo da maschiaccio e dalla risposta pronta al modo in cui teneva i capelli.
— Ascolta — disse lei a bassa voce. — Lo so che ti senti responsabile per la mia sicurezza, e ammetto che si tratta di una situazione alquanto nuova per me. Ma sono un componente di questa squadra, e nascondermi dei fatti potrebbe costarmi la vita. Allora... di chi era questa pistola?
Chris la fissò per un istante quindi sospirò. Aveva ragione. — Forest. L'ho trovato all'esterno, era stato beccato a morte dai corvi. Anche Kenneth è morto.
Un improvviso moto d'angoscia passò negli occhi della ragazza, che comunque riuscì ad assentire con fermezza, sostenendo il suo sguardo. — Okay. E adesso cosa facciamo?
Chris non poté trattenere un debolissimo sorriso, cercando di ricordare se lui era mai stato così giovane.
Indicò le scale, sperando di non essere sul punto di commettere un altro errore. — Immagino che potremmo provare ad aprire un'altra porta...
Wesker non riuscì a capire granché della conversazione tra Barry e Jill, ma dopo un soffocato "Buona fortuna" da parte del signor Burton, udì una porta aprirsi e poi richiudersi non molto distante... e, un attimo dopo, il pesante trapestio degli stivali contro il pavimento di legno, seguito da un'altra porta che si chiudeva. La galleria esterna era libera e la sua squadra in missione per recuperare gli altri emblemi di rame.
"Sembra che abbia scelto la stanza giusta per aspettare..."
Si era servito della chiave che recava inciso un elmo per chiudersi dentro uno studiolo passando per la porta sul retro, il luogo perfetto da cui osservare i progressi dei suoi uomini. Non solo poteva sentirli andare e venire, ma sarebbe stato anche in grado di arrivare per primo ai laboratori...
Portò il pesante emblema con il simbolo del vento alla luce della lampada da scrittoio, sorridendo. Era stato sin troppo facile, davvero. Si era imbattuto nella statua di stucco dopo aver parlato con Barry, e si era ricordato che all'interno era nascosto uno scompartimento segreto. Piuttosto che sprecare tempo a cercare, aveva semplicemente sbattuto quell'orrore giù dalla balconata della sala da pranzo. Dentro non aveva trovato nessuno degli emblemi, ma lo scintillio di un gioiello blu tra i cocci era stato quasi altrettanto confortante. Proprio fuori dalla sala da pranzo si trovava una stanza nella quale c'era la statua di una tigre con un occhio rosso e uno blu, uno dei pochi meccanismi che Wesker ricordava di aver notato nella sua precedente visita. Un rapido esame della statua aveva confermato i suoi sospetti: mancavano entrambi gli occhi e quando aveva piazzato il magnifico gioiello blu nell'orbita adatta, la tigre si era girata su un fianco permettendogli di recuperare l'emblema. Così aveva compiuto un ulteriore passo verso il completamento della sua missione.
"Quando i tre pezzi mancanti saranno al loro posto, aspetterò che gli altri siano andati a cercare l'ultimo, e andrò diritto alla porta..."
Considerò la possibilità di andare a controllare il diagramma, ma decise di non farlo. La casa era grande, ma non così tanto, e non v'era ragione di farsi scoprire. Del resto, i suoi agenti probabilmente non erano riusciti ancora a recuperare nessun altro degli emblemi. Aveva già corso un rischio scendendo di sotto per trovare il gioiello, finendo quasi addosso a Chris Redfield. Il ragazzo aveva incontrato la recluta e insieme stavano girando a caso, probabilmente alla ricerca di indizi...
"Dopotutto questa stanza è un rifugio confortevole. Forse mi farò un pisolino mentre aspetto che gli altri si diano da fare."
Si appoggiò allo schienale della poltrona dello scrittoio, compiaciuto con se stesso per quanto aveva fatto fino a quel momento. Quello che avrebbe potuto essere un disastro stava volgendo a suo favore, grazie ad alcune delle sue azioni. Si era già impadronito di uno degli emblemi, Barry e Jill stavano lavorando per lui... ed era stato così fortunato da incappare in Ellen Smith nella biblioteca...
"Oops, dimenticavo. La dottoressa Ellen Smith, prego..."
Dopo aver recuperato l'emblema con il simbolo del vento, si era recato nella biblioteca per controllare la piccola stanza che si affacciava sull'eliporto della tenuta, la cui entrata era nascosta dietro una libreria. Una rapida perquisizione non aveva rivelato nulla di utile, e Wesker stava per andare a controllare la saletta quando la dottoressa Smith era venuta a salutarlo a passi barcollanti.
Aveva cercato di convincerla a uscire con lui da quando era arrivato a Raccoon, attirato dalle lunghe gambe e dai capelli color biondo platino. Aveva sempre avuto un debole per le bionde, soprattutto per quelle carine. Non solo lei aveva più volte rifiutato i suoi approcci, ma non aveva neppure cercato di farlo con gentilezza. Quando l'aveva chiamata per nome, la donna lo aveva freddamente informato del fatto che lei aveva un grado superiore al suo, oltre a essere un dottore, e che quindi lui avrebbe dovuto rivolgersi a lei usando il suo titolo. La regina di ghiaccio, fatta e finita. Se non fosse stata così dannatamente bella, lui non se ne sarebbe neppure curato, in primo luogo.
"Ma, mio Dio, come s'è sciupata la sua bellezza, dottoressa Ellen..."
Wesker chiuse gli occhi, con un sorriso, rivivendo l'esperienza. Erano state le scarmigliate ciocche di capelli biondi che l'avevano tradita quando era scivolata fuori da dietro uno scaffale, gemendo e protendendosi verso di lui. Le gambe erano ancora lunghe, ma avevano perduto gran parte del loro fascino... per non parlare della quantità di pelle...
"Che delizioso profumo, dottor Smith" le aveva detto. Poi lui le aveva sparato due colpi in testa e lei se n'era andata con una pioggia di sangue e ossa frantumate. Wesker non amava definirsi un maschilista, ma premere il grilletto per sparare a quella gran puttana era stato magnificamente e profondamente gratificante.
Come mangiare un dolcetto, un piccolo bonus ottenuto per il modo in cui stava gestendo la situazione. "Forse, se sono fortunato, mi capiterà a tiro quello stronzo di Sarton, giù nei laboratori..."
Dopo qualche attimo, Wesker si alzò e si stiracchiò, cercando di leggere alcuni dei titoli sullo scaffale alle sue spalle. Era ansioso di entrare in azione, ma era necessario aspettare che gli agenti della STARS trovassero gli altri pezzi del puzzle e non v'era realmente nulla che potesse fare per accelerare il processo. Tuttavia, doveva tenersi occupato...
Aggrottò la fronte cercando di dare un senso ai titoli tecnici che aveva davanti agli occhi. Uno dei libri s'intitolava Phagemid: Alpha Complementation Vectors, il successivo era DNA Libraries and Electrophoresis Conditions.
Testi di biochimica e diari medici, fantastico. Forse avrebbe davvero dovuto schiacciare quel pisolino, dopotutto. Solo a leggere i titoli gli veniva sonno.
Il suo sguardo si soffermò su un voluminoso librane posto da solo su uno degli scaffali più in basso, rilegato con una copertina di fine cuoio rosso. Lo raccolse, felice di vedere stampato in copertina un titolo chiaramente leggibile.
Aquila dell'Est, Lupo dell'Ovest...
"Aspetta... è la stessa scritta che ho visto sulla fontana..."
Wesker fissò le parole, sentendo tutto il suo buon umore scivolare via. Non poteva essere, i ricercatori erano diventati pazzi ma sicuramente non avrebbero chiuso i laboratori, se non ci fosse stato un motivo per farlo. Aprì il libro quasi freneticamente, pregando che la sua intuizione fosse sbagliata...
... e si lasciò sfuggire un basso gemito di rabbia impotente quando vide quello che era infilato tra le pagine incollate del finto libro. In uno scompartimento intagliato all'interno del volume c'era un medaglione di ottone con un'aquila incisa sopra... parte della chiave di un'altra delle folli serrature concepite da Spencer.
Era la battuta finale di uno scherzo crudele. Per uscire dalla casa doveva trovare gli emblemi. Una volta in cortile avrebbe dovuto farsi strada attraverso un intricato labirinto di tunnel che terminavano in una sezione segreta del giardino... dove un'antica fontana indicava l'entrata dei laboratori sotterranei. La fontana era una delle più bizzarre creazioni di Spencer, una meraviglia d'ingegneria che poteva essere aperta e chiusa per nascondere il complesso sotterraneo... purché, naturalmente, se ne possedessero le chiavi: due medaglioni di ottone, uno scolpito con l'immagine di un'aquila, l'altro con quella di un lupo...
Aver trovato l'aquila significava che la porta era chiusa. E questo voleva dire che lo stemma con il lupo poteva essere dovunque, da qualsiasi parte... e quindi che le sue possibilità di arrivare al laboratorio erano scese molto vicine allo zero.
Incapace di controllare la rabbia, Wesker afferrò il medaglione e scagliò il libro contro lo scrittoio, facendo cadere la lampada e piombando improvvisamente nell'oscurità. Ormai era inutile avere l'emblema del vento, il suo piano perfetto era andato in fumo. Avrebbe dovuto rinunciare al vantaggio e sperare che uno degli altri trovasse inavvertitamente il medaglione del lupo, celato da qualche parte nell'enorme ed estesissima villa.
"Il che significa altri rischi, altre ricerche... e la possibilità che uno di loro arrivi ai laboratori prima di me."
Schiumante di rabbia, Wesker rimase in piedi nell'oscurità silenziosa con i pugni serrati, cercando di non urlare.
12
Jill udì un rumore simile a quello di un vetro che andava in frantumi e rimase perfettamente immobile, in ascolto. L'acustica della villa era strana, i lunghi corridoi e l'insolita disposizione delle stanze rendevano difficile stabilire da dove venissero i suoni.
"O se li hai sentiti davvero..."
Jill sospirò, scoccando un'ultima occhiata al silenzioso salotto con le pareti ricolme di volumi in cima alle scale. Aveva già controllato tre delle stanze che si affacciavano sulla galleria superiore senza aver trovato nulla di interessante... una grande camera da letto con due brande, un ufficio e un ripostiglio non ancora terminato nel quale c'erano una porta chiusa a chiave e un camino. Gli unici interruttori che aveva visto erano quelli della luce, sebbene avesse provato un moto di eccitazione di fronte a un pulsante nero alquanto sinistro situato sulla parete dell'ufficio... finché non lo aveva premuto, scoprendo di essere riuscita a trovare il sistema di drenaggio di un acquario vuoto in un angolo.
Per lo meno aveva scoperto alcune munizioni per il Remington, cosa di cui immaginava di dover essere grata... una dozzina di cartucce poste in una scatola di metallo sotto una delle brande nella camera da letto. Ma se c'erano altri emblemi nascosti, non era stata capace di trovarli.
Jill trasse il computer di Trent e controllò la mappa, individuando la sua posizione in cima alle scale. Oltre il salottino del secondo piano c'era un grande corridoio a U che faceva angolo intorno alla balconata dell'atrio. Il corridoio conduceva anche ad altre due stanze, una delle quali era un vicolo cieco, mentre la seconda portava a ulteriori camere...
Ripose il computer ed estrasse la Beretta, concedendosi un momento per schiarirsi la mente prima di entrare nel corridoio. Non fu facile. Tra i tentativi di capire cosa mai fosse accaduto nella casa in grado di generare dei mostri e le preoccupazioni riguardo alla sua squadra, i suoi pensieri erano ovviamente confusi.
"Avrei dovuto dare un'occhiata più attenta a quelle carte."
L'ufficio era molto semplice, una scrivania, una libreria... ma vicino alla porta aveva notato un appendiabiti con alcuni camici da laboratorio, mentre i fogli sparpagliati sul mobile erano per la maggior parte liste di numeri e lettere. Quel poco che sapeva di chimica l'aveva convinta che si trattasse realmente di documenti scientifici, perciò non si era data pena di leggerli. Però da quando li aveva trovati aveva cominciato a pensare agli zombie come al risultato di un incidente di ricerca. La villa era troppo ben tenuta per essere stata costruita con fondi privati, e l'assoluta segretezza che l'avvolgeva suggeriva l'esistenza di una copertura. Tutto ciò che la circondava era ricoperto dalla polvere di almeno due mesi... il che coincideva con le prime aggressioni avvenute a Raccoon. Se le persone che vivevano in quella casa vi avevano svolto qualche genere di esperimento e qualcosa era andato storto...
"Qualcosa che li ha trasformati in mostri mangiatori di carne?" Era un po' azzardato...
Ma aveva più senso di qualsiasi altra spiegazione, sebbene tenesse la mente aperta anche ad altre possibilità. Riguardo alle preoccupazioni che nutriva verso il resto della squadra... Barry si comportava in modo strano e Chris e Wesker erano ancora latitanti. Nessuno sviluppo da quella direzione.
"E non ce ne saranno se non procedi."
Giusto. Jill accantonò le sue elucubrazioni ed entrò nel corridoio.
Avvertì l'odore ancor prima di vedere lo zombie in l'ondo alla galleria, accasciato al suolo. Le piccole lampade a muro proiettavano un'irregolare luminescenza, riflettendo le decorazioni rosso scuro e tingendo ogni cosa di una sfumatura cremisi. Jill puntò la pistola sul corpo immobile... e udì una porta chiudersi non molto distante.
Barry?
Aveva detto che sarebbe andato nell'altra ala della villa, ma forse aveva trovato qualcosa e stava venendo a cercarla... o forse avrebbe finalmente incontrato qualcuno dell'altra squadra.
Sorridendo a quella prospettiva, Jill si avviò di corsa nel corridoio scuro, ansiosa di vedere un volto familiare. Mentre si avvicinava all'angolo, una nuova ondata di fetore di decomposizione la investì...
... e la creatura ai suoi piedi le afferrò lo stivale, stringendole la caviglia con una forza sorprendente.
Sobbalzando, Jill allargò le braccia per mantenere l'equilibrio e cacciò uno strillo pieno di disgusto mentre lo zombie bavoso avvicinava il viso marcio al suo stivale. Le dita scheletriche e scorticate raschiarono debolmente lo spesso strato di cuoio, cercando di assicurarsi una presa più salda...
Istintivamente Jill picchiò l'altro stivale sulla testa del mostro. La pesante suola a carro armato scivolò sul cranio con un ributtante suono umido. Un'ampia sezione di cuoio capelluto simile a un fiocco schizzò via, rivelando un osso luccicante. La creatura continuò a ghermirla, insensibile al dolore.
Il secondo e il terzo calcio raggiunsero la nuca... e al quarto colpo Jill udì lo schiocco sordo di vertebre fracassate, schiacciate sotto il suo tallone.
Le pallide mani si agitarono e, con un sospiro soffocato e umidiccio, lo zombie rimase immobile sul tappeto ammuffito.
Jill scavalcò il corpo inerte e svoltò l'angolo di corsa, ricacciando in gola la bile. Era convinta che le misere creature che scorrazzavano per la villa fossero in qualche modo delle vittime, proprio come lo erano state Becky e Pris, che concedere loro la morte fosse un atto di clemenza... ma rappresentavano anche una minaccia, per non parlare della loro malsana morbosità. Doveva stare più attenta.
C'era una porta sulla sua destra, un battente di legno massiccio sormontato da un doppio simbolo di metallo. Sopra la serratura si trovava l'immagine di un'armatura, ma a differenza delle altre porte che aveva incrociato al piano superiore, questa era aperta.
Non c'era nessuno nella stanza ben illuminata tuttavia Jill esitò, improvvisamente riluttante a proseguire le ricerche di chiunque avesse vagato in quella zona. Su due delle pareti della stanza era allineata una serie di armature, otto per parte, mentre una piccola teca spiccava sulla parete in fondo... per non parlare di un grosso interruttore rosso posto in mezzo del pavimento piastrellato di grigio.
Un'altra trappola? O un puzzle...
Incuriosita, Jill entrò nella stanza e si diresse verso la teca di vetro mentre le silenziose guardie in armatura sembravano sorvegliare ogni sua mossa. Nel pavimento erano posti altri due fori misteriosi, uno su ciascun lato dell'interruttore rosso, forse per la ventilazione... Jill sentì il cuore accelerare un po', improvvisamente certa di essersi imbattuta in un'altra delle trappole della casa.
Una rapida ispezione della polverosa teca la fece decidere. Non c'era modo di aprirla, il vetro era composto da un'unica lastra molto spessa. E qualcosa in un'oscura nicchia sul fondo scintillava come fosse di rame...
"Dovrei premere il pulsante, presumendo che quello sia il modo di aprire la teca... ma poi?"
Ebbe un'improvvisa visione dei fori di ventilazione che si chiudevano mentre la porta si bloccava e lei veniva condannata a morire per lento soffocamento in una tomba priva d'aria. La camera avrebbe potuto riempirsi d'acqua, o di qualche genere di gas tossico. Jill si guardò in giro per la stanza, con la fronte aggrottata, chiedendosi se avrebbe dovuto provare a bloccare la porta in modo che rimanesse aperta, o se ci fosse un altro interruttore nascosto in una delle armature vuote....
"... ogni indovinello ha più di una soluzione, Jilly, non scordarlo."
Jill sorrise improvvisamente. Perché premere il pulsante?
Si accucciò vicino alla teca e afferrò saldamente la canna della pistola. Con un unico colpo secco, il vetro si fracassò, generando una ragnatela di crepe. Jill si servì del calcio della pistola per far saltare una grossa sezione di vetro e protese cautamente la mano all'interno.
Ne estrasse un emblema esagonale di rame, sul quale era inciso un rudimentale sole che sorrideva; rispose a quel sorriso, compiaciuta di se stessa. Apparentemente alcuni trucchi della casa potevano essere aggirati, se si ignoravano alcune regole del fair play. Comunque si scoprì a correre verso la porta, perché avrebbe dovuto cantare vittoria sinché non avesse lasciato quella stanza dall'aspetto solenne.
Tornando nel corridoio dai riflessi di sangue si fermò per un attimo, con l'emblema in mano, a valutare il da farsi. Poteva continuare a cercare chi avesse chiuso quella porta, o tornare alla serratura a puzzle per sistemare l'emblema. Per quanto desiderasse ritrovare il resto della squadra, Barry aveva ragione sulla necessità di individuare una via d'uscita dalla casa. Se qualcun altro componente della STARS era ancora vivo, sicuramente stava cercando un modo per fuggire....
Il suo sguardo pensoso cadde sulla fetida creatura in pezzi che aveva appena ucciso, indulgendo sulla pozza di fluidi scuri che si stava lentamente allargando intorno alla testa maciullata... e si rese conto all'improvviso che voleva disperatamente lasciare quella casa, fuggire dall'aria viziata e dalle sale polverose. Voleva andarsene, non appena fosse stato umanamente possibile.
Presa la sua decisione, Jill ritornò sui suoi passi, stringendo saldamente il pesante emblema di rame. Aveva già trovato due dei pezzi che sarebbero serviti agli agenti della STARS per poter fuggire dalla magione. Non sapeva verso cosa sarebbero fuggiti, ma tutto sarebbe stato meglio di quello che si sarebbero lasciati alle spalle...
— Richard! — Rebecca si lasciò cadere di colpo sulle ginocchia accanto al suo compagno, nel tentativo di rilevare le pulsazioni posandogli le dita tremanti sulla gola.
Chris osservava in silenzio il corpo accasciato malamente sul pavimento, sapendo già che non ci sarebbe stato battito cardiaco. Lo squarcio sulla spalla destra di Richard Aiken si stava seccando e non c'era segno di sangue fresco. Era morto.
Vide la mano sottile di Rebecca scivolar via lentamente dalla gola dell'agente della squadra Bravo per poi chiudere gli occhi sbarrati del morto. La ragazza scrollò le spalle. Chris provò una sensazione di malessere di fronte a quella nuova scoperta; l'esperto in comunicazioni era stato un ragazzo dolce, dalla mentalità positiva. E aveva solo ventitré anni...
Si guardò intorno nella stanza silenziosa, alla ricerca di qualche indizio che potesse rivelargli la ragione per cui Richard era morto. La stanza nella quale erano entrati passando dalla balconata del secondo piano era priva di decorazioni e completamente vuota. Oltre a Richard, non c'era altro...
Preoccupato, Chris compì un paio di passi verso la seconda entrata della stanza e si accucciò, facendo scorrere le dita sulle piastrelle scure. Tra il corpo di Richard e il battente di legno privo di decorazioni, a circa tre metri e mezzo di distanza, c'era una crosta di sangue secco la cui forma ricordava il tallone di uno stivale. Chris osservò pensosamente la porta, stringendo la presa intorno alla Beretta.
"Chiunque lo abbia ucciso si trova dall'altra parte, forse in attesa di altre vittime..."
— Chris , vieni a dare un'occhiata.
Rebecca era ancora china su Richard con lo sguardo fisso sulla massa sanguinolenta della sua spalla massacrata. Chris la raggiunse, senza sapere cosa avrebbe dovuto guardare. La ferita era irregolare e slabbrata, la carne aveva perso colore a causa del trauma. Strano, però, che non sembrasse molto profonda...
— Vedi queste linee viola che si irradiano dalla lacerazione? E le ferite sul muscolo, qui e qui? — Rebecca indicò due fori scuri a una distanza di circa dieci centimetri l'uno dall'altro. Tutto intorno la pelle aveva assunto una colorazione rossa dall'aspetto infetto.
Rebecca si sedette sui talloni, rivolgendosi a Chris. — Credo che sia stato avvelenato. Sembra il morso di un serpente.
Chris le scoccò un'occhiata. — Quale genere di serpente ha queste dimensioni?
La ragazza scosse la testa, alzandosi in piedi. — Hai ragione. Forse è stato qualcos'altro. Ma la ferita in sé non avrebbe dovuto ucciderlo. Ci sarebbero volute ore perché restasse completamente dissanguato. Sono quasi certa che sia stato avvelenato.
Chris la osservò con rinnovato rispetto. Aveva occhio per i dettagli e, tutto sommato, si stava comportando in maniera ammirevole.
Perquisì rapidamente il corpo di Richard, ricavandone un altro caricatore pieno e una radio a onde corte. Porse entrambi gli oggetti a Rebecca, infilandosi la Beretta di Richard nella cintura.
Tornò a fissare la porta, poi ancora la ragazza. — Chiunque lo abbia ucciso, potrebbe essere là dietro...
— Allora dovremo stare attenti — rispose lei. Senza aggiungere altro, si avvicinò alla porta e rimase in attesa del suo compagno.
"Devo smetterla di considerarla una ragazzina. È già sopravvissuta alla maggior parte dei suoi compagni di squadra, non c'è bisogno che la tratti con questo tono paternalistico o le dica cosa può aspettarci dietro quella porta."
Si avvicinò al battente e le rivolse un cenno affermativo del capo. La ragazza abbassò la maniglia e aprì la porta, mentre entrambi alzavano le armi ed entravano in un angusto corridoio, rasenti al muro.
Direttamente davanti a loro videro alcuni gradini di legno che portavano a una porta chiusa. Alla loro sinistra, una deviazione del corridoio conduceva a un'altra porta. Sulle pareti che affiancavano la scalinata c'era del sangue, e Chris si rese immediatamente conto che era quello di Richard. Il suo assassino doveva essere là dietro in agguato.
Il giovane indicò la deviazione, parlando a bassa voce. — Vai da quella parte. Se incontri qualche problema, torna indietro e aspetta. Torna indietro comunque entro cinque minuti.
Rebecca assentì e si mosse lungo lo stretto corridoio. Chris aspettò finché lei non fu entrata nella stanza prima di salire i gradini, con il cuore che gli batteva furiosamente contro la cassa toracica.
La porta era chiusa, ma Chris vide un piccolo scudo inciso sulla serratura. Rebecca si stava rivelando più utile di quello che avesse immaginato. Trasse la chiave che lei gli aveva dato e sbloccò la serratura, controllando che la Beretta avesse il colpo in canna prima di entrare. Si ritrovò in un vasto attico, spoglio e privo di elementi caratteristici quanto il resto della casa era ricco di ornamenti. Enormi pilastri di legno salivano dal pavimento sino al soffitto spiovente, e, oltre ad alcuni scatoloni e diverse botti appoggiate alle pareti, non c'era altro. Chris compì ancora qualche passo, in guardia, mentre scandagliava l'ambiente alla ricerca di movimento. All'altra estremità della lunga sala c'era un muro parzialmente costruito alto forse un metro e mezzo, abbastanza lontano dalla parete posteriore dell'attico. A Chris venne in mente il cubicolo di una stalla per i cavalli, tanto più che era l'unica zona della sala a non essere in piena vista. Il giovane si avvicinò lentamente, facendo riecheggiare gli stivali sul pavimento di legno.
Avanzò sino al muro, puntando la Beretta oltre la sua estremità superiore, quindi sbirciò in basso, il cuore in tumulto.
Non vide alcun serpente, bensì un'apertura irregolare ricino alle assi del pavimento tra le due pareti, larga trenta centimetri e lunga un metro circa... impregnata di un odore strano, acre, muschioso, simile a quello di un animale selvatico. Preoccupato da quel fetore, Chris si fermò, chinandosi per vedere meglio. Vicino al foro scorse un frammento di metallo circolare, simile a una monetina da pochi centesimi. Sopra c'era scolpito qualcosa, una mezzaluna...
Il giovane superò il bordo del muretto ed entrò nel cubicolo, tenendo d'occhio con circospezione il foro mentre si chinava per raccogliere il pezzo di metallo. Si trattava di un disco esagonale di rame sopra il quale era incisa una luna, un bel manufatto...
Dal buco venne un leggero rumore strisciante.
Chris balzò indietro, mirando all'apertura. Arretrò rapidamente sinché la spalla non andò a urtare la parete dell'attico, poi tornò ad avanzare...
Attraverso il foro schizzò una forma cilindrica di colore scuro, dotata di una velocità impressionante. Era larga quanto un piatto e colpì la parete a pochi centimetri dalla sua gamba destra, fracassando il legno del rivestimento nell'impatto.
"Oh, merda, è davvero un serpente!"
Chris arretrò barcollando mentre il gigantesco rettile di ritraeva a sua volta, estraendo il lungo corpo scuro dalla parete fracassata. Sibilando, il serpente si sollevò, e portò la testa all'altezza del petto di Chris, snudando un paio di zanne gocciolanti di bava.
Chris percorse correndo metà della sala poi si voltò, sparando all'enorme testa a forma di diamante. Il serpente emise un verso sibilante quando un proiettile gli trapassò un lato delle fauci spalancate, aprendo un foro attraverso la pelle tesa.
Il mostro ricadde sul pavimento strisciando rapidamente verso il giovane con una singola spinta del corpo muscoloso, lungo almeno una decina di metri. Dalla ferita sprizzava un fiotto di sangue scuro.
Con un altro sibilo ruggente, l'animale s'inarcò di fronte a Chris, la testa a pochi centimetri dalla Beretta, mentre il sangue continuava a uscire a fiotti dalla ferita nella bocca...
"Gli occhi, mira agli occhi!"
Chris premette il grilletto, il serpente gli rovinò addosso e lo scaraventò a terra, agitandosi selvaggiamente. La coda andò a picchiare contro uno dei massicci piloni di sostegno con una tale forza da scheggiarlo, mentre Chris lottava per liberare le braccia inchiodate al suolo e cercare almeno di ferirlo in maniera più grave prima di morire...
... improvvisamente il corpo freddo e pesante divenne inerte e s'immobilizzò, afflosciandosi pesantemente sul pavimento.
— Chris! — Rebecca entrò di corsa nella stanza, ma si fermò di colpo, con gli occhi fissi sul mostruoso rettile. — Wau...
Trovato uno dei supporti di legno con uno stivale, con un violento spintone Chris riuscì a liberarsi del serpente. Rebecca si chinò per aiutarlo, gli occhi sbarrati dallo stupore.
Osservarono la ferita che aveva ucciso la fiera... il foro nero e umido nel punto in cui c'era stato l'occhio destro, cancellato dal proiettile nove millimetri.
— Stai bene? — gli chiese a voce bassa la ragazza.
Chris assentì. Forse aveva un paio di costole incrinate, e allora? Era stato letteralmente a un soffio dalla morte certa, e tutto perché si era fermato a...
Sollevò la mano che reggeva l'emblema di rame e dovette aprire con la forza le dita serrate intorno allo spesso disco di metallo. Lo aveva stretto durante tutto lo scontro senza neppure rendersene conto... e osservandolo adesso, ebbe l'impressione che fosse importante...
"Forse perché quel serpente ti ha quasi divorato mentre cercavi di impadronirtene?"
Rebecca glielo prese dalle mani, passando un dito sulla luna che vi era incisa.
— Hai trovato qualcosa? — chiese il giovane. Rebecca scosse il capo. — Un tavolo, un paio di scaffali... ma questo a cosa serve, comunque?
Chris si strinse nelle spalle, tornando a fissare il foro sanguinante del serpente. Rabbrividì involontariamente, pensando a cosa sarebbe successo, se avesse mancato l'ultimo colpo...
— Forse lo capiremo lungo la strada — disse a bassa voce. — Forza, usciamo di qui.
Rebecca gli restituì l'emblema e insieme si affrettarono a lasciare il gelido attico. Mentre chiudeva la porta alle loro spalle, Chris si rese conto all'improvviso che, sebbene la cosa non gli fosse mai importata prima di allora, odiava ferocemente i serpenti.
Barry salì pesantemente le scale dell'atrio, mentre la morsa di terrore che gli attanagliava lo stomaco aumentava a ogni passo. Aveva setacciato tutte le camere aperte dell'ala est senza ricavarne nulla.
Le stesse orribili immagini gli si presentavano nella mente all'infinito mentre saliva faticosamente le scale. Kathy, Moira e Polly Anne, in preda al terrore, torturate da sconosciuti assassini nella loro casa. Kathy conosceva la combinazione della cassaforte per le armi nel sotterraneo, ma le possibilità che riuscisse a raggiungerla prima che qualcuno le mettesse le mani addosso...
Barry raggiunse il primo pianerottolo e trasse un profondo, tremante respiro. Kathy non avrebbe neppure pensato di andare a prendere le armi se avesse sentito qualcuno che entrava infrangendo le finestre o le porte. La sua prima preoccupazione sarebbe stata di raggiungere le ragazze per vedere se stavano bene.
"E se non trovo alla svelta quegli emblemi, non staranno bene affatto."
In giro per la casa non aveva visto né un telefono né una radio. Se Wesker non fosse riuscito a entrare nel laboratorio, come avrebbe potuto contattare la gente dell'Ufficio Bianco della Umbrella e richiamare gli assassini?
Barry raggiunse la porta del pianerottolo superiore che immetteva nell'ala ovest. La sua unica speranza era che Jill o Wesker fossero riusciti a trovare i tre pezzi mancanti. Non sapeva dove fosse Wesker (benché non avesse dubbi che quel bastardo sarebbe rispuntato presto), ma Jill probabilmente stava ancora svolgendo le sue ricerche di sopra. Avrebbero potuto dividersi le stanze che lei non aveva ancora controllato e almeno perquisire le ultime aree rimase. Se non avessero trovato altri emblemi, avrebbe dovuto tornare nell'ala orientale e cominciare a fare a pezzi i mobili...
Aprì la porta che conduceva nel corridoio tappezzato di rosso, immerso nei suoi pensieri... e pochi istanti dopo incontrò Chris Redfield e Rebecca Chambers che uscivano dalla porta alla sua destra.
Il viso di Chris si illuminò di un sorriso radioso — Barry!
Il giovane lo raggiunse abbracciandolo energicamente, poi arretrò di un passo, sempre sorridendo. — Gesù, che bello vederti! Cominciavo a credere che io e Rebecca fossimo rimasti gli unici esseri viventi in questo posto... dove sono Jill e Wesker?
Barry sorrise forzatamente mentre cercava di elaborare una risposta accettabile, sentendosi quasi male per il senso di colpa. Mentire a Jill non era stato facile, ma conosceva Chris da anni...
"Kathy e le ragazze, morte..."
— Jill e io abbiamo cominciato a cercarti, ma tutte le porte di quest'ala erano chiuse a chiave... e quando siamo tornati nell'atrio il capitano era scomparso. Da quel momento, abbiamo continuato a cercarvi e nello stesso tempo tentato di trovare una via d'uscita...
Barry riuscì a sorridere in maniera più naturale. — Anche a me fa piacere vedervi. Tutti e due. "Almeno questo era vero."
— Così Wesker è scomparso? — chiese Chris.
Barry assentì, a disagio. — Già, e abbiamo trovato Ken. Uno di quei mostri lo ha ucciso.
Chris sospirò. — L'ho visto. Anche Forest e Richard sono morti.
Barry provò un'ondata di tristezza e deglutì rumorosamente, sentendo improvvisamente un odio ancor più feroce per Wesker. Era tutta colpa della gente per cui il capitano lavorava e adesso lui voleva insabbiare la faccenda, evitando di assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
"... e mi piaccia o meno, io li sto aiutando."
Barry trasse un respiro profondo e si impresse bene in mente l'immagine di sua moglie e delle figlie. — Jill ha trovato una porta sul retro e pensiamo che possa costituire una via di tuga... a parte il tatto che è regolata da una serratura a combinazione, una specie di puzzle, e occorre mettere insieme tutti i pezzi per aprirla. Ci sono quattro emblemi, fatti di rame... Jill ne ha già recuperato uno e pensiamo che gli altri siano nascosti da qualche parte nella casa...
S'interruppe, notando l'improvviso sorriso di Chris che frugò nella sua tuta. — Qualcosa del genere?
Barry fissò l'emblema che il giovane aveva estratto dalla tasca, sentendo il cuore accelerare i battiti. — Già, è uno di quelli! Dove l'hai trovato?
Fu Rebecca a parlare con un sorriso timido. — Ha dovuto affrontare un enorme serpente per prenderlo... un serpente davvero gigantesco. Penso che sia stato iniettato da qualcosa nel corso di un incidente, sebbene i virus che hanno effetto su generi diversi siano piuttosto rari.
Barry protese la mano verso l'emblema con il gesto più naturale che riuscì a compiere, aggrottando la fronte. — Un incidente?
Chris assentì. — Siamo riusciti a scoprire che questa proprietà doveva essere una specie di istituto di ricerca segreta... e pare che qualcosa a cui stavano lavorando sia sfuggito loro di mano. Un virus.
— Uno di quelli che possono avere effetto su mammiferi e rettili — assentì Rebecca. — Queste due infatti non sono specie differenti, solo famiglie diverse.
"E di certo ha avuto effetto sulla mia, di famiglia" pensò Barry.
Lasciò che la sua espressione s'incupisse, fingendo di riflettere intensamente mentre si sforzava di trovare una scusa per allontanarsi. Il capitano non si sarebbe avvicinato a meno che non fosse stato da solo, e lui aveva la disperata necessità di porre al suo posto il medaglione di rame, per provare che era ancora a bordo, che cooperava... e che aveva convinto il resto della squadra ad aiutarlo. Poteva sentire i secondi che scivolavano via, il metallo riscaldarsi tra le sue dita sudate.
— Dobbiamo avvertire i federali di quello che sta succedendo — disse infine. — Ci vuole un'indagine a tappeto, supporto militare, quarantena della zona...
Chris e Rebecca non dissero nulla e ancora una volta Barry si sentì sommergere dal senso di colpa. Dio, se solo non avessero avuto tanta fiducia in lui...
— ... ma per farlo dobbiamo trovare tutti gli stemmi. Jill può averne scovato un altro, adesso, forse entrambi...
"... posso solo pregare che lo abbia fatto..."
— Sai dove si trova? — chiese Chris.
Barry assentì, riflettendo rapidamente. — Ne sono quasi certo, ma questo posto è una specie di labirinto... perché non aspettate nell'atrio mentre vado a cercarla? Così facendo potremmo organizzare le ricerche e svolgere un lavoro più accurato...
Sorrise, sperando di sembrare convincente.
—... però se non torno subito, continuate a cercare gli altri pezzi. La porta sul retro è in fondo ai corridoi dell'ala occidentale, al primo piano.
Chris si limitò a fissarlo per un momento e Barry si rese conto delle domande che si stavano formando dietro il suo sguardo intelligente, domande alle quali lui non era in grado di rispondere. Perché dividersi? E perché non andare a cercare il capitano? Come poteva essere certo che quella porta costituiva una via di fuga?
"Ti prego, ti prego, fa' come ti dico..."
— Okay — disse Chris con riluttanza. — Ti aspetteremo, ma se Jill non è dove credi che sia, torna indietro a prenderci. Avremo migliori possibilità di uscire da questo posto se resteremo uniti.
Barry annuì, e prima che Chris potesse aggiungere altro, si voltò e si allontanò rapidamente lungo il corridoio male illuminato. Aveva visto l'esitazione negli occhi del giovane e sentito l'incertezza nella sua voce... e mentre l'amico pronunciava le ultime parole Barry aveva provato il desiderio disperato di avvertirlo del tradimento di Wesker. Andarsene era stato l'unico mezzo per evitare di dire qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi, qualcosa che avrebbe provocato la morte dei suoi famigliari.
Non appena udì la porta della balconata chiudersi, cominciò a correre tagliando gli angoli a tutta velocità. C'era uno zombie morto vicino alla porta che conduceva alle scale. Barry lo superò con un salto e il suo fetore svanì mentre lui si chinava per entrare nel passaggio. Percorse la scalinata verso il retro a tre scalini per volta, mentre la coscienza infieriva impietosamente contro di lui, ricordandogli il suo tradimento.
"Sei un bugiardo, Barry, ti servi dei tuoi amici come Wesker si sta servendo di te, giocando sulla fiducia che ripongono in te. Avresti potuto dire loro cosa sta realmente accadendo, e permettere loro di aiutarti a metter fine a..."
Barry scacciò quei pensieri mentre raggiungeva l'ingresso del sentiero coperto, aprendo con violenza la porta di metallo. Non poteva correre il rischio, non l'avrebbe corso... cosa sarebbe accaduto se Wesker fosse stato nelle vicinanze e avesse sentito? Il capitano lo stava ricattando con la vita della sua famiglia, e una volta che Chris e gli altri avessero appreso la verità, cosa gli avrebbe impedito di uccidere Kathy e le ragazze? Se avesse aiutato Wesker a distruggere le prove, gli agenti della STARS non ne avrebbero saputo nulla, e il capitano le avrebbe lasciate andare...
Barry raggiunse il diagramma vicino alla porta posteriore e si fermò con lo sguardo fisso. Un'ondata di sollievo lo attraversò, fresca e dolce. Tre delle quattro aperture erano state chiuse, gli emblemi del sole, del vento e delle stelle erano al loro posto. Era finita.
"Adesso può scendere nel laboratorio e chiamare i suoi complici, non ha più bisogno di noi! Posso tornare indietro e tenere occupata la squadra mentre lui fa quello che deve fare. Alla fine arriveranno anche gli uomini del Dipartimento di Polizia e potremo scordarci tutto questo..."
Era così eccitato che non notò il rumore sommesso di passi sulle pietre alle sue spalle, non si rese conto che non era più solo sinché la voce pacata di Wesker non gli parlò al suo fianco.
— Perché non completa il puzzle, signor Burton? Barry sobbalzò, colto di sorpresa. Scoccò un'occhiata
a Wesker, odiando ferocemente quel viso compiaciuto, piatto dietro gli occhiali da sole. Wesker sorrise, accennando con il viso all'emblema di rame nella mano di Barry.
— Già, giusto — borbottò lui cupamente, quindi fece scivolare al suo posto l'ultimo Frammento. Dall'interno della porta provenne un sordo rumore metallico...
... e Wesker lo superò, spingendo la porta che si apriva rivelando un piccolo e ordinato ripostiglio per gli attrezzi. Barry sbirciò all'interno e vide l'uscita sulla parete opposta. Non vi erano diagrammi, né assurdi enigmi da risolvere.
Kathy e le ragazze erano salve.
Con un profondo inchino, Wesker fece cenno a Barry di entrare nel ripostiglio, sempre sorridendo.
— Il tempo è poco, Barry, e abbiamo ancora un sacco di cose da fare.
Barry lo fissò, confuso. — Cosa vuol dire? Adesso può scendere nel laboratorio...
— Be', c'è stato un leggero cambiamento di piani. Vedi, è saltato fuori che mi serve un'altra cosa, e io credo di sapere dove potrebbe trovarsi, ma probabilmente ci sono alcuni pericoli da superare... e tu hai fatto un così buon lavoro, che voglio che tu mi segua...
Il sorriso di Wesker si trasformò nel sogghigno di uno squalo, ricordando con freddezza e senza pietà quale fosse la posta in gioco.
— ... in verità, temo di dover insistere perché tu mi accompagni.
Dopo un lungo tenibile momento, Barry assentì, incapace di opporsi.
13
Mia carissima Alma,
sono seduto qui e sto cercando un modo per cominciare a spiegarti in poche semplici parole ciò che è avvenuto dopo l'ultima volta che ci siamo parlati, e già so che non ce la farò. Spero che questa lettera arrivi sino a te tutta intera, e che perdonerai i salti logici della mia penna; non è facile per me. Anche mentre scrivo queste parole, mi rendo conto che il più semplice dei concetti mi scivola via, perso nelle sensazioni di disperazione e confusione che regnano dentro di me... ma devo dirti ciò che sento prima di riposare. Sii paziente, e accetta il fatto che quello che sto per dirti è la pura verità.
L'intera faccenda richiederebbe ore per essere spiegata, ma il tempo è poco, perciò acquisisci queste cose come fatti assodati: un mese fa si è verificato un incidente in laboratorio e il virus che stavamo studiando è sfuggito al nostro controllo. Tutti i miei colleghi infettati sono morti o stanno per morire e la natura della malattia è tale che coloro che sono ancora vivi stanno perdendo la ragione. Il virus sottrae alle sue vittime la loro umanità, costringendole, una volta che la malattia si è sviluppata, a cercare altre forme di vita e a distruggerle. Mentre ti scrivo, posso sentirli premere contro la mia porta sbarrata al pari di bestie fameliche e dementi, ululanti come anime perdute.
Non ci sono parole abbastanza sincere o profonde per descrivere la pena e la vergogna che provo sapendo di aver avuto una parte nella loro creazione. Sono convinto che non sentano nulla adesso, né paura né dolore, ma il fatto che non abbiano coscienza dell'orrore di quello che sono diventati non mi libera dal mio terribile fardello. Io sono in parte responsabile dell'incubo che mi circonda.
Malgrado il senso di colpa che provo dentro di me e che mi perseguiterà finché respirerò, ho cercato di sopravvivere, se non altro per rivederti. Ma ogni mio sforzo è servito solo a procrastinare l'inevitabile: anch'io sono stato infettato e non c'è cura per quello che seguirà... salvo por fine alla mia vita prima di perdere l'unica cosa che mi separa da loro. Il mio amore per te.
Ti prego di capire e sappi che mi dispiace.
Martin Crackhorn
Jill sospirò, appoggiando il foglio di carta spiegazzato sulla scrivania. Le creature erano davvero le vittime della loro stessa ricerca. Pareva che avesse indovinato quello che era accaduto, sebbene leggere l'accorata lettera avesse seriamente frustrato l'orgoglio per le sue capacità di deduzione. Dopo aver inserito l'emblema con il sole nel diagramma, aveva deciso che l'ufficio al piano di sopra meritava un'occhiata più accurata... e dopo aver frugato per un po' aveva trovato il testamento scarabocchiato da Carckhorn, dentro un cassetto.
"Crackhorn. Martin Crackhorn... è uno dei nomi della lista di Trent..."
Jill aggrottò la fronte tornando lentamente verso la porta dell'ufficio. Per qualche ragione Trent voleva che la STARS riuscisse a capire cosa era successo prima di chiunque altro... ma visto che era ovviamente al corrente degli avvenimenti, perché non aveva parlato direttamente? E cosa ci avrebbe guadagnato, comunque, a informarli?
Attraversò il piccolo foyer dell'ufficio tornando nel corridoio, sempre assorta in quelle domande. Barry si era comportato in modo strano e lei doveva scoprire perché. Forse avrebbe potuto ottenere una risposta chiara se glielo avesse chiesto direttamente.
"O forse no. In ogni caso ne posso ricavare qualcosa."
Jill si fermò davanti alla scala posteriore, traendo un profondo respiro... e si rese conto che c'era qualcosa di diverso. Si guardò in giro incerta, cercando di capire cosa stavano trasmettendole i suoi sensi.
"È più caldo. Solo un po'. È decisamente più caldo. E l'aria non è più così stantia... È come se qualcuno avesse aperto una finestra. O forse una porta."
Jill si voltò e scese di corsa le scale, improvvisamente presa dall'ansia di controllare la serratura a puzzle. Raggiunto il fondo della scalinata, vide che la porta che univa un corridoio con il successivo era aperta. Riusciva a udire i grilli cantare piano, sentiva la fresca aria notturna venire verso di lei attraverso l'atmosfera gelida e ammuffita della casa.
Si affrettò lungo il corridoio più scuro e svoltò un angolo a destra, cercando di non nutrire false speranze. Un'altra svolta a gomito e sarebbe stata in grado di vedere la porta aperta che conduceva al camminamento coperto.
"Forse non è nulla, e non significa che il puzzle sia stato risolto..."
La giovane cominciò a correre, avvertendo il calore pulito dell'aria estiva sulla pelle mentre superava un angolo del sentiero di pietra...
... e si lasciò sfuggire una breve risatina trionfante quando vide i quattro stemmi piazzati nel diagramma vicino alla porta aperta. Una brezza calda arrivava dalla stanza che il puzzle risolto aveva sbloccato, un piccolo ripostiglio per gli attrezzi da giardinaggio. La porta metallica sulla parete opposta era spalancata e Jill fu in grado di vedere la luce lunare giocare sul muro di mattoni proprio oltre i cardini arrugginiti.
Barry aveva ragione, la porta conduceva all'esterno. Sarebbero stati in grado di chiamare aiuto adesso, di trovare una strada sicura attraverso i boschi o almeno segnalare...
"Ma se Barry ha trovato i pezzi mancanti, perché non è venuto a cercarmi?"
Il sorriso di Jill svanì quando la ragazza si fermò nel ripostiglio, cercando di ambientarsi tra le scatole polverose e le botti che si allineavano alle pareti di pietra grigia. Barry sapeva la sua posizione, visto che era stato lui a suggerirle di salire al secondo piano dell'ala ovest...
"Forse non è stato Barry ad aprire la porta..."
Vero, avrebbero potuto farlo Chris o Wesker o uno degli agenti della squadra Bravo. In tal caso, avrebbe dovuto tornare indietro a cercare Barry.
O magari svolgere una piccola indagine prima, assicurarsi che ne valesse la pena.
Era una razionalizzazione un po' forzata, ma Jill doveva ammettere con se stessa che il pensiero di ritornare nella villa, quando di fronte a lei c'era una via di fuga, non era molto allettante. Sfoderò la Beretta e si diresse verso la porta esterna, ormai decisa sul da farsi.
La prima cosa che notò sopra i sommessi rumori del bosco fu il suono dell'acqua corrente che riempiva l'aria fresca, simile una cascatella. La seconda e la terza furono i corpi di due dei cani distesi sull'irregolare sentiero di pietra, uccisi a colpi d'arma da fuoco.
"Mi sembra abbastanza chiaro che un agente della STARS sia passato di qui..."
Jill entrò cautamente in un cortile cinto da alte mura, con basse siepi poste in vasi di mattone a ciascun lato. Sopra di lei incombevano minacciosamente basse nuvole scure. Sull'altro lato del cortile c'era una cancellata di metallo appena oltre un'isoletta di cespugli e sulla sua sinistra un sentiero diritto oscurato da mura di almeno tre metri che lo costeggiavano. Il dolce suono della cascatella sembrava venire da quella direzione, sebbene il sentiero terminasse improvvisamente con un cancello di metallo alto quanto le mura.
"Forse ci sono delle scale che scendono da quella parte?"
Jill esitò, tornò a fissare il cancello rugginoso ad arco davanti a lei e poi i corpi accartocciati dei cani mutanti. Erano entrambi più vicini al cancello che al sentiero, e presumendo che fossero stati uccisi mentre attaccavano, chi aveva sparato probabilmente si era diretto da quella parte...
Si udì un rumore improvviso di acqua che schizzava fragorosamente, e questo particolare l'aiutò a prendere una decisione. Jill si voltò e cominciò a correre lungo il sentiero illuminato dalla luna, sperando di riuscire a vedere anche solo di sfuggita chi avesse prodotto quel rumore.
Raggiunse l'estremità del sentiero di pietra e si protese verso la porta... poi arretrò un poco, sorpresa dal salto improvviso verso il basso. Non c'erano scale: la soglia si apriva su un piccolo montacarichi e un grande cortile aperto, dieci metri più sotto.
Lo scroscio era venuto da destra perciò Jill rivolse lo sguardo in basso attraverso il cortile, in tempo per vedere fuggevolmente la cascata e una figura che l'attraversava e spariva dietro il sipario d'acqua che cadeva dalla parete occidentale.
"Cosa diavolo..."
Osservò la piccola cascata, sbattendo le palpebre, convinta che la vista le stesse giocando uno scherzo. Il rumore scrosciante era cessato appena la persona era scomparsa, dandole la sicurezza che la cascata nascondesse un ingresso segreto.
"Grande, proprio quello che ci voleva per completare il quadro. Dio solo sa se non ne ho avuto abbastanza di quello che c'era dentro la casa."
1 controlli del montacarichi, che in quel momento era già nel cortile e sul quale c'era spazio per una sola persona, si trovavano vicino al cancello rugginoso. Jill premette l'interruttore, ma non successe nulla. Avrebbe dovuto trovare un altro modo per scendere, perdendo tempo mentre il misterioso personaggio si allontanava oltre la cascata.
A meno che...
Jill guardò giù per lo stretto condotto del montacarichi, un cunicolo squadrato largo solo un metro con un lato aperto verso il cortile. Risalirlo sarebbe stato un casino, ma scendere? Facile. Poteva arrivare in fondo accucciandosi tra le pareti in un minuto circa, servendosi della schiena e delle gambe per sostenere il suo peso.
Mentre sfilava il fucile dalla schiena preparandosi alla discesa, un pensiero fastidioso la colpì... se la persona che era passata attraverso la cascata era un agente STARS, come aveva fatto a conoscere l'esistenza del passaggio?
Bella domanda, e non era certo un interrogativo sul quale voleva soffermarsi. Stringendo saldamente il fucile, Jill aprì il cancello e, con cautela, cominciò a scendere attraverso il condotto.
Avevano lasciato a Barry quindici minuti buoni prima di attraversare i corridoi dell'ala ovest e trovare la porta aperta sul retro. Adesso erano là, con lo sguardo fisso sulla lastra di rame con i quattro emblemi inseriti.
Chris osservò la mezzaluna che Barry aveva preso dalle sue mani, sentendosi confuso e fortemente preoccupato. Barry era uno degli uomini più sinceri e corretti che avesse mai conosciuto. Se aveva detto che avrebbe cercato Jill e poi sarebbe tornato a prenderli, non c'era motivo per credere che non lo avrebbe fatto.
"Ma non è tornato. E se ha incontrato dei guai, come mai il pezzo che gli ho dato è lassù?"
Non gli piaceva nessuna delle spiegazioni che la mente gli stava suggerendo. Qualcuno poteva averglielo preso o forse l'aveva sistemato lui stesso e poi era stato ferito... le possibilità sembravano infinite e nessuna gli pareva positiva.
Con un sospiro, distolse gli occhi dal diagramma e si rivolse a Rebecca. — Qualunque cosa sia successa a Barry, dovremmo procedere. Forse questa è l'unica via per uscire dalla villa.
Rebecca sorrise appena. — Per me va bene. È bello pensare di andarsene da qui, sai?
— Già, davvero — rispose lui con convinzione. Non si era neppure reso conto di quanto si fosse abituato alla fredda e oppressiva atmosfera della casa sinché non l'avevano lasciata. La differenza era davvero stupefacente.
Attraversarono l'ordinato ripostiglio e si fermarono davanti alla porta, respirando entrambi profondamente. Rebecca controllò la Beretta per la centesima volta da quando avevano lasciato l'atrio, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. Chris si rendeva conto di quanto fosse tesa e cercò di pensare se c'era qualcosa che dovesse sapere, qualcosa che l'avrebbe aiutata se fossero stati costretti a combattere. L'addestramento STARS copriva tutti gli argomenti fondamentali, ma sparare a uno schermo da esercitazione con una pistola giocattolo era molto diverso dalla realtà.
Sorrise improvvisamente, ricordando le parole sagge che gli avevano detto al suo battesimo del fuoco, un confronto con un piccolo gruppo di pazzi survivalisti nello stato di New York. Aveva avuto una paura del diavolo, e aveva cercato disperatamente di non darlo a vedere. Il capitano che aveva guidato quella missione era un tipo duro sino all'osso, un esperto di esplosivo, una donna molto piccola di nome Kaylor. Lo aveva preso da parte prima di entrare in azione, lo aveva guardato negli occhi, e gli aveva dato l'unico consiglio che avesse mai ricevuto.
"Figliolo" aveva detto "non importa ciò che accade quando cominciano a sparare, ma cerca di non fartela nei pantaloni."
Nello stato di totale nervosismo in cui si trovava, quel commento così completamente bislacco l'aveva costretto a tralasciare le sue peggiori paure per fargli spazio...
— Cos'hai da ridere?
Chris scosse la testa, mentre il sorriso svaniva. Non pensava che avrebbe funzionato con Rebecca... e i mostri che si trovavano a dover affrontare non rispondevano al fuoco. — È una storia lunga. Andiamo.
Si mossero nella calma aria notturna, accompagnati dalle cicale e i grilli che ronzavano sonnacchiosamente nei boschi circostanti. Si trovavano in una sorta di cortile, circondato da ogni lato da alti muri di mattoni, con un camminamento secondario che si apriva sulla sinistra. Chris poteva udire il rumore dell'acqua che scorreva poco distante e il verso lugubre di un cane o un coyote in lontananza, un suono solitario e distante.
"A proposito di cani..."
Ce n'erano un paio distesi tra le pietre, e la dolce luce lunare produceva riflessi scintillanti sui loro corpi umidi e scorticati. Chris si avvicinò a uno di essi e si chinò, toccandogli il fianco. Ritrasse rapidamente la mano, schifato. Il cane mutante era appiccicoso e caldo, come se fosse stato avvolto da uno spesso strato di muco.
Il giovane si rimise in piedi, asciugandosi la mano sui pantaloni. — Non sono morti da molto tempo — disse a mezza voce. — Meno di un'ora, comunque.
C'era un cancello arrugginito oltre le siepi davanti a loro. Chris fece cenno a Rebecca e, mentre avanzavano, il suono delle acque che scorrevano aumentò sino a diventare un sordo ruggito.
Chris spinse il cancello che si aprì violentemente con un cigolio di cardini, rivelando un bacino enorme scavato nella pietra, grande quanto un paio di piscine messe insieme. Pareti dall'aspetto apparentemente compatto, formate da alberi verdi e da una vegetazione lussureggiante che minacciava di irrompere attraverso i parapetti di confine, incombevano cupe da ogni lato.
I due agenti proseguirono, fermandosi ai margini dell'enorme cisterna. Apparentemente era in atto un lento processo di prosciugamento, e il rumore era causato da uno stretto corso d'acqua che passava attraverso un cancello alzato sul lato orientale. Non c'era un sentiero completo intorno alla cisterna, ma Chris notò un passaggio che attraversava il bacino, a circa tre metri sotto il livello dell'acqua quando la vasca era piena. A entrambi i lati erano fissate delle scale metalliche, ed era chiaro che il camminamento era rimasto sommerso sino a poco tempo prima, poiché le pietre erano oscurate da alghe gocciolanti.
Chris studiò quell'ambiente insolito per un istante, chiedendosi come qualcuno avesse potuto attraversare la cisterna quando era stata piena. Un altro mistero da aggiungersi a una lista che cresceva a vista d'occhio.
Senza dire una parola, scese per la scala e attraversò di corsa la cisterna. Gli stivali producevano un trapestio attutito sulle pietre scivolose, avviluppate da un'umidità appiccicosa. Chris salì rapidamente su per l'altra scala, protendendosi per aiutare Rebecca che lo seguiva da vicino.
Il sentiero oscurato dalle ombre era cosparso di rami e aghi di pino e sembrava costeggiare la sezione orientale della cisterna, passando sopra la chiusa di scarico aperta. Sì diressero verso la cascata artificiale. Avevano compiuto solo pochi passi quando cominciò a piovere.
Plop. Plop. Plop
Chris si rabbuiò, mentre una vocina lo informava freddamente che non avrebbe dovuto essere in grado di sentire il rumore delle gocce di pioggia con il sottofondo del ruggito della piscina che si stava svuotando. Alzò lo sguardo...
... e vide un ramo contorto cadere dal fogliame che si protendeva sopra la cancellata, un ramo che, appena toccate le pietre, scivolò lentamente via...
... non era un ramo.
... e sul terreno ce n'erano già dozzine, che si contorcevano sulle pietre scure, sibilando e agitandosi a mano a mano che cadevano dalle fronde.
Chris e Rebecca erano circondati da serpenti.
— Oh, merda...
Sobbalzando, Rebecca si volse verso Chris e provò un'ondata di gelido tenore, il cuore serrato in una morsa di ghiaccio, mentre osservava il sentiero alle spalle del giovane. Sembrava che il terreno avesse preso vita, con quelle sagome nere che si arricciavano verso i loro piedi e cadevano dall'alto come una pioggia vivente.
Rebecca cominciò ad alzare la pistola, realizzando stolidamente che ce n'erano troppi mentre Chris le serrava rudemente il braccio.
— Corri!
Schizzarono in avanti. La ragazza emise un grido involontario quando un serpente le cadde contorcendosi sulla spalla, sfiorandole il braccio con le scaglie gelide mentre scivolava pesantemente sulle pietre.
Il sentiero zigzagava e i due giovani corsero attraverso le ombre che sembravano muoversi, schiacciando con i talloni la carne gommosa di corpi in movimento che facevano loro perdere l'equilibrio. Alcuni serpenti cercarono di azzannare i loro stivali mentre i due agenti correvano sopra una grata d'acciaio sotto la quale scorreva dell'acqua scura e schiumosa. Il rumore dei loro passi sul metallo si perdeva nel ruggito delle acque.
Davanti a loro, le pietre sembravano più chiare... ma il sentiero scendeva anche rapidamente, e in fondo a esso si trovava la piattaforma di un piccolo montacarichi. Non c'era via d'uscita.
Salirono entrambi sull'angusta piattaforma e Rebecca ne cercò i comandi, respirando in maniera affannosa per il panico. Chris si voltò e sparò ripetutamente, le detonazioni riecheggiarono sopra il fragore delle acque mentre Rebecca trovava il pulsante e lo premeva con violenza.
La piattaforma vibrò e cominciò a scendere, scivolando attraverso pareti di roccia verso un grande cortile di pietra sottostante. Rebecca si voltò, sollevando la Beretta per aiutare Chris.
... e sentì la mascella spalancarsi, mentre la gola si serrava di fronte a una visione orrenda. Il sentiero era completamente nascosto da centinaia di creature schifose, che sibilavano e si contorcevano prese da una frenesia aliena, cadendo le une sulle altre. Quando si scosse, l'orrenda visione aveva superato il livello dei suoi occhi ed era scomparsa.
Il tempo sembrò fermarsi, e i due giovani fissarono il bordo del sentiero che avevano appena lasciato, tesi, aspettando senza fiato che i corpi dei serpenti cominciassero a cadere. Quando il montacarichi si trovò a poche decine di centimetri dal fondo, saltarono entrambi, allontanandosi rapidamente dal muro.
Si addossarono alla roccia fredda, respirando affannosamente. Rebecca si guardò attorno nel cortile in cui erano fuggiti tra un respiro asfittico e l'altro, permettendo al suono della cascata di calmarle i nervi. Si trattava di un enorme spazio aperto di mattoni o pietra, dal colore slavato e confuso alla debole luce della luna. L'acqua della cisterna soprastante cadeva in due piscine di pietra poco distanti, e c'era un'unica porta di fronte a loro.
E niente serpenti.
Rebecca inspirò ancora una volta profondamente, poi lasciò uscire l'aria e si voltò verso Chris. — Ti hanno morso?
Lui scosse il capo. — E tu?
— No — rispose. — Però se per te fa lo stesso, preferirei non tornare da quella parte. Preferisco i gatti ai rettili, davvero.
Chris la osservò un attimo e sorrise, sospingendola lontana dal muro. — Strano, ti pensavo un topo di laboratorio. lo...
Beep-beep.
La radio!
Rebecca afferrò l'apparecchio agganciato alla cintura, dimenticandosi improvvisamente dei serpenti. Era il suono che aveva sperato di udire da quando avevano ritrovato Richard. Erano stati rintracciati, forse dai soccorritori...
Premette il pulsante di ricezione e tenne la radio in modo che entrambi potessero sentire. Attraverso il piccolo auricolare gracchiò una scarica di energia statica insieme al debole lamento di un segnale.
— Sono Brad!... squadra Alpha... sentite? Se... potete sentire...
La voce svanì in un'esplosione di statica. Rebecca premette il pulsante di trasmissione e parlò rapidamente.
— Bradi Brad, vieni qui!
Il segnale era svanito. Entrambi ascoltarono ancora per un momento, ma non udirono altro.
— Dev'essere finito fuori portata — disse Chris. Sospirò, avanzando nel cortile con lo sguardo rivolto al cielo scuro sopra di loro.
Rebecca agganciò la radio alla cintura, sentendosi malgrado tutto più fiduciosa di quanto fosse stata durante il resto della notte. Il pilota era da qualche parte là fuori, e stava volando in circolo alla loro ricerca. Adesso che erano usciti dalla casa sarebbero stati in grado di udire il suo segnale.
Sempre che fosse tornato indietro.
Rebecca ignorò quel pensiero e si avvicinò a Chris, che aveva scoperto un altro piccolo montacarichi inserito in un angolo davanti alla cascata. Un rapido controllo rivelò al giovane che era privo di con ente.
Chris si volse verso la porta, inserendo un caricatore nuovo nella Beretta. — Pensi che dovremmo vedere cosa c'è dietro la porta numero uno?
Era una domanda retorica. A meno che non volessero tornare dalla parte dei serpenti, era l'unica scelta che avevano.
"Come al solito." Rebecca sorrise e assentì, desiderosa di fargli capire che era pronta... con la disperata speranza che lo sarebbe stata davvero se fosse successo qualcosa.
14
Jill era in piedi sul bordo del pozzo che si apriva in mezzo all'oscura galleria, e osservava la porta che si trovava dall'altra parte senza sapere cosa fare. Il pozzo era troppo largo per poter essere superato con un salto e non c'era modo per poterlo discendere, almeno non ve n'erano che lei fosse in grado di immaginare. Avrebbe dovuto tornare indietro e cercare di passare per la porta attraverso la scala.
Il suo sospiro di frustrazione si trasformò in un brivido. La fredda umidità che emanava dalle pareti di pietra sarebbe stata già un problema senza il fatto che lei era inzuppata d'acqua.
"Un fantastico passaggio segreto. Se lo usi, ti prendi la polmonite."
Uno scintillio metallico attirò il suo sguardo quando si volse, mentre i piedi producevano uno sciaguattio negli stivali. Si chinò per vedere di cosa si trattasse, scostando una ciocca di capelli umidi dagli occhi. Si trattava di una piccola lastra di metallo inserita nella pietra, un foro esagonale del diametro di un quarto di dollaro. Tornò a fissare pensosamente la porta.
"Magari aziona un ponte, o abbassa una scala..."
Non importava, poiché non aveva la chiave da inserirvi, e quindi era assolutamente inutile. Del resto, era improbabile che chiunque avesse visto passare attraverso la cascata fosse riuscito anche ad attraversare la fossa.
Jill tornò indietro seguendo il passaggio tortuoso sino all'ingresso del tunnel, ancora sbalordita da ciò che aveva trovato dietro il sipario d'acqua. Pareva che un'intera rete di gallerie corresse sotto la villa. Le pareti erano grezze e ruvide, con cumuli di sabbiosa arenaria che spuntavano da strane angolazioni... tuttavia lo sforzo impiegato per creare quel sentiero sotterraneo era sbalorditivo.
Raggiunse la porta di metallo vicino alla scala, dopo aver lottato duramente per non permettere ai denti di sbattere quando un'ondata di aria fredda la investì dal cortile soprastante. Il suono della cascata era stranamente cambiato. Il ritmo regolare e riecheggiante dell'acqua che scivolava sul fondo di pietra era diventato assai più forte, conferendo ai tunnel un'atmosfera quasi medioevale...
Jill aprì la porta... e si bloccò di colpo, provando un confuso miscuglio di emozioni mentre Barry Burton si voltava di scatto verso di lei con la pistola in pugno. Alla fine, la sorpresa ebbe la meglio.
— Barry?
L'uomo abbassò rapidamente l'arma, sbalordito quanto lei... e altrettanto bagnato. La T-shirt era incollata alle spalle possenti, i capelli corti appiccicati al cranio.
— Jill, cosa ci fai qui?
— La stessa cosa che fai tu, a quanto pare. Ma come sapevi...
Lui alzò una mano facendole cenno di non parlare. — Ascolta!
Rimasero immobili in un silenzio carico di tensione. Jill si guardò in giro per il corridoio di pietra ma non riuscì a udire ciò che Barry doveva aver sentito. A entrambe le estremità del corridoio c'erano porte di metallo, appena visibili nell'ombra grazie alla debole illuminazione che calava dal soffitto. — Mi è sembrato di sentire qualcosa — disse lui infine. — Voci...
Prima che Jill potesse formulare una qualsiasi domanda, lui le rivolse un sorriso di disagio. — Ascolta, mi dispiace di non averti aspettato, ma ho udito qualcuno che camminava nel giardino e ho deciso di andare a dare un'occhiata. Ho trovato questo posto per caso, per la verità ci sono inciampato e ci sono finito dentro. Sono contento che tu sia qui. Diamo una controllata intorno e vediamo cosa possiamo ricavarci.
Jill assentì, ma decise di tener d'occhio Barry, almeno per un po'. Forse lei era diventata realmente paranoica, ma, a dispetto delle sue parole, non sembrava molto felice di vederla...
"Stai in guardia e aspetta" pensò. Per il momento, non c'era altro che potesse fare.
Barry si diresse verso la porta sulla destra, tenendo in alto la Colt. Spinse la maniglia, rivelando un altro tunnel avvolto nel buio.
A pochi passi sulla destra c'era un'ulteriore porta metallica e, dalla parte opposta, il passaggio girava bruscamente verso l'oscurità più completa. Barry indicò la porta e Jill rispose con un cenno affermativo. Lui aprì il battente ed entrambi fecero il loro ingresso in un nuovo tunnel silenzioso.
Jill sospirò interiormente mentre studiava le pareti di pietra grezza, rimpiangendo di non avere con sé un gessetto. Il tunnel in cui si trovavano sembrava simile a tutti gli altri, e girava a sinistra davanti a loro. Si sentiva già persa e sperava che non ci fossero troppe curve e tornanti...
— Ehi! Chi è là? — urlò una voce profonda e familiare da qualche parte davanti a loro, mentre le parole riecheggiavano nel passaggio.
— Enrico? — esclamò Jill.
— Jill, sei tu?
Presa dall'eccitazione, Jill coprì di corsa gli ultimi passi che la separavano dall'angolo, seguita a ruota da Barry. Il capo della squadra Bravo era ancora vivo, e in qualche modo era finito laggiù...
Jill girò l'angolo successivo e lo vide seduto contro un muro. Il tunnel si allargava terminando in una cripta avvolta nell'ombra.
— Stop! Ferma dove sei!
Jill si arrestò sui suoi passi, fissando la Beretta che l'uomo le puntava addosso. Era ferito, e dalla gamba colava un fiotto di sangue che andava a formare una pozza sul pavimento.
— C'è qualcuno insieme a te, Jill? — gli occhi scuri del capo della squadra Bravo erano stretti a fessura, pieni di sospetto, mentre la canna scura della semiautomatica era saldamente puntata verso di lei.
— C'è anche Barry... Enrico, cosa è successo? Cos'è questa storia?
Quando Barry arrivò dietro di lei superando l'angolo, Enrico li osservò per un lungo istante, gli occhi che si muovevano nervosamente... poi scrollò le spalle, abbassando la pistola mentre si accasciava contro la parete di pietra. Barry e Jill corsero a inginocchiarsi vicino all'agente della squadra Bravo ferito.
— Mi dispiace — disse lui debolmente. — Dovevo essere sicuro...
Sembrava che, per difendersi, avesse impiegato ogni briciola di energia rimasta. Jill gli prese la mano gentilmente, allarmata dal suo pallore. Il sangue colava dalla coscia, impregnando i pantaloni.
— L'intera operazione era una trappola — li ammonì respirando a fatica mentre volgeva lo sguardo acquoso verso la ragazza. — Io mi sono perso, ho scavalcato il cancello, ho visto le gallerie... ho trovato i documenti... la Umbrella ha sempre saputo tutto, sin dal principio...
Barry aveva un'aria contrita, il viso era pallido quasi come quello di Enrico. — Tieni duro, Rico. Ti porteremo fuori di qui. Stai fermo e...
Enrico scosse il capo, sempre rivolto a Jill. — C'è un traditore nella STARS — sussurrò. — Mi ha detto...
Bam! Bam!
Il corpo di Enrico sussultò mentre nel suo petto si aprivano improvvisamente due fori, dai quali il sangue sgorgò schizzando violentemente. Malgrado il fragore degli spari, si udirono passi affrettati riecheggiare nel corridoio alle loro spalle.
Barry scattò in piedi e schizzò oltre l'angolo mentre Jill stringeva inutilmente la mano contratta di Enrico, con il cuore in gola e una sensazione di malessere. L'uomo si accasciò, morto ancor prima di toccare il pavimento di pietra.
La mente della ragazza fu sommersa dagli interrogativi mentre il rumore dei passi di Barry all'inseguimento svaniva e il silenzio calava ancora una volta sulle profonde tenebre circostanti. Quale documento aveva trovato Enrico? Quando aveva parlalo di un traditore lei aveva immediatamente pensato a Barry, che si era comportato in quel modo così strano... ma il corpulento agente della STARS era vicino a lei quando avevano sparato.
"E allora chi è? A chi alludeva Trent? Chi ha visto Enrico?"
Sentendosi sola e sperduta, in attesa del ritorno di Barry, Jill trattenne la mano del compagno che andava raffreddandosi.
Rebecca stava frugando in un vecchio classificatore appoggiato a una delle pareti della stanza in cui erano entrati, sfogliando pile di documenti con aria preoccupata, mentre Chris controllava il resto della stanza. Un'unica branda sfatta, una scrivania e una vecchia libreria torreggiante erano i soli mobili presenti nella camera. Dopo il freddo splendore alieno che aveva dominato la villa, Chris provava un'assurda sensazione di gratitudine nel trovarsi in quell'ambiente più sobrio.
Percorrendo un lungo e tortuoso sentiero che partiva dal cortile, avevano trovato una casa molto più piccola e dall'aspetto infinitamente meno intimidatorio rispetto alla villa. L'atrio che avevano attraversato era spoglio, rivestito di semplici pannelli di legno, al pari delle due piccole camere da letto che avevano scoperto appena oltre il silenzioso corridoio. Chris aveva immaginato che si trattasse di una residenza secondaria, destinata ai domestici della villa.
Aveva notato lo strato spesso e intatto di polvere sul pavimento del corridoio che avevano percorso con un crescente senso di rassegnazione, rendendosi conto che nessuno degli altri agenti STARS era riuscito a uscire dalla magione principale. Considerato che lui e Rebecca non avevano modo di tornare indietro, potevano solo sperare di trovare la porta di uscita sul retro e andare a cercare aiuto. A Chris non piaceva l'idea, ma non avevano altre possibilità.
Dopo una rapida perquisizione degli scaffali, Chris si avvicinò alla malconcia scrivania e provò ad aprirne il primo cassetto. Era chiuso. Si chinò e fece passare le dita sotto di esso, sorridendo quando toccarono un frammento di nastro adesivo.
"La gente non va mai al cinema? Le chiavi sono sempre assicurate sotto il cassetto..."
Strappò il nastro adesivo e raccolse una piccola chiave d'argento. Sempre sorridendo, sbloccò la serratura e aprì il cassetto.
C'erano un mazzo di carte da gioco, alcune penne e qualche matita, gomma per cancellare, un pacchetto di sigarette accartocciato... spazzatura, per la maggior parte, il genere di roba che sembra sempre accumularsi nei cassetti delle scrivanie...
Bingo!
Chris sollevò il portachiavi tenendolo per l'etichetta di cuoio, compiaciuto con se stesso. Se trovare l'uscita fosse stato così semplice, sarebbero stati di ritorno a Raccoon in pochissimo tempo.
— Sembra che abbiamo appena trovato una via d'uscita — sussurrò, sollevando le chiavi. Sull'etichetta di cuoio da una parte era incisa a fuoco la scritta ALIAS, mentre sul retro il numero 345 era vergato con un pennarello dalla punta arrotondata. Chris non conosceva il significato del numero, ma ricordava il nome citato nel diario che aveva trovato nella villa.
"Grazie, signor Alias". Presumendo che si trattasse delle chiavi della dependance, avevano compiuto un ulteriore passo per uscire dalla proprietà.
Rebecca era ancora china sul contenitore, circondata da carte, buste e alcune foto sgranate che aveva tirato fuori. Sembrava totalmente assorta in quello che stava leggendo, e quando Chris si avvicinò per unirsi a lei, lo fissò con occhi oscurati di preoccupazione.
— Hai trovato qualcosa?
Rebecca sollevò il foglio di carta che stava leggendo. — Un paio di cose. Senti questa: "Sono passati quattro giorni dall'incidente e la pianta al Punto 42 sta crescendo ancora, mutando a un'incredibile velocità...".
Proseguì, scorrendo il foglio con il dito mentre parlava: — Il documento definisce questa cosa "Pianta 42" e dice che le sue radici si trovano nel sotterraneo...qui. "Poco dopo l'incidente, uno dei componenti infettati del gruppo di ricerca è diventato violento e ha fracassato la cisterna per l'acqua del sotterraneo, inondando l'intera sezione. Pensiamo che alcune componenti chimiche usate per i test del virus T abbiano contaminato l'acqua e abbiano contribuito alla radicale mutazione della Pianta 42. Ne sono stati già rintracciati un certo numero di boccioli in diverse parti dell'edificio, ma la pianta principale adesso incombe dal soffitto della grande sala conferenze del primo piano... Abbiamo determinato che la Pianta 42 è diventata sensibile al movimento ed è carnivora. Quando si trova vicino agli esseri umani si serve di tentacolari viticci prensili per intrappolare la preda mentre delle protuberanze simili a lumache si avvinghiano alla pelle esposta, succhiando il sangue in quantità letale. Diversi componenti della squadra di ricerca sono già caduti vittime di questo mostro." È datato ventuno di maggio e firmato Harry Sarton.
Chris scosse il capo, chiedendosi ancora come qualcuno avesse potuto inventare un virus come quello in cui erano incappati. Sembrava essere in grado di infettare tutto ciò con cui veniva a contatto, trasformando l'ospite in un mortale carnivoro, assetato di sangue.
"Dio, ci mancava solo una pianta divoratrice di uomini..."
Chris rabbrividì, e si sentì all'improvviso doppiamente grato che stessero per lasciare quel posto.
— Perciò il virus può infettare anche le piante — osservò. — Quando faremo rapporto, dovremmo...
— Non potremo fare rapporto — disse lei e gli porse una foto, con espressione grave.
Si trattava di un'istantanea sfuocata di un uomo di mezza età con un camice da laboratorio. Stava rigidamente in piedi di fronte a una porta di legno liscio, e Chris si rese conto che si trattava della stessa porta che avevano attraversato non più di dieci minuti prima... l'ingresso della dépendance.
Girò la foto, strizzando gli occhi per leggere la scritta sul retro. — H. Sarton, gennaio '98. Punto 42.
Rivolse uno sguardo a Rebecca, comprendendo finalmente il suo sguardo carico di paura. Si trovavano al Punto 42. La pianta carnivora era là.
Wesker era fermo nel tunnel privo di luce e la sua irritazione cresceva a mano a mano che udiva i passi di Barry avvicinarsi, riecheggiando nei corridoi. Jill non avrebbe aspettato per sempre e il furioso signor Burton non sembrava essersi reso conto che l'assassino di Enrico era semplicemente scivolato nell'ombra dietro l'angolo, il posto più ovvio.
"Vieni... vieni..."
Da quando avevano lasciato la casa, aveva cominciato finalmente a pensare che la situazione stesse volgendo a suo favore. Aveva ricordato la stanza sotterranea vicino all'ingresso dei laboratori, ed era quasi certo che il medaglione con l'emblema del lupo si trovasse in quel punto. E i tunnel erano sicuri. Si era aspettato che i 121 fossero usciti dalla gabbia, ma apparentemente nessuno aveva manomesso i meccanismi del passaggio dal momento dell'incidente. Probabilmente nessuno era riuscito a trovare la leva che azionava il meccanismo... sebbene questa fosse posta in bella vista, vicino al meccanismo stesso che controllava.
Tutto sarebbe andato per il meglio... se quel dannato Enrico Marini, che stava vagando da quelle parti, non fosse incappato in un documento molto importante caduto accidentalmente a Wesker... i suoi ordini, impartiti direttamente dall'Ufficio Bianco. Poi, per complicare la situazione, Jill era capitata nelle gallerie prima che Wesker terminasse di risolvere il problema.
Sospirò interiormente. Se non era un problema, era un altro. In verità, l'intera faccenda era stata un colossale problema sin da principio. Almeno il sistema di sicurezza sotterraneo non era stato attivato... sebbene lui non avesse avuto modo di saperlo finché lui e Barry non avevano raggiunto i tunnel; adesso doveva affrontarne le conseguenze. Se la paga non fosse stata così buona...
Sorrise. Stava scherzando? La paga era favolosa.
Dopo un intervallo di tempo che sembrò protrarsi per anni, Barry arrivò ansimando nella stanza scura, agitando il revolver alla cieca. Wesker si irrigidì, aspettando che passasse oltre la nicchia del generatore. A quel punto sarebbero potuti sorgere dei problemi. Barry ed Enrico erano stati amici intimi.
Mentre Barry passava come un uragano nella piccola camera, Wesker si portò alle sue spalle e picchiò la canna della Beretta con violenza sul fondo schiena del corpulento agente della STARS, allo stesso tempo cominciando a parlare, rapidamente e a bassa voce.
— Lo so che vorresti uccidermi, Barry, ma prima voglio farti riflettere un po'. Se muoio io, anche la tua famiglia muore. E adesso, sembra che persino Jill debba morire... ma tu puoi fermare tutto questo. Puoi porre termine alle uccisioni.
Barry si fermò di colpo non appena la pistola lo toccò, tuttavia Wesker poteva cogliere il tono rabbioso, appena trattenuto della sua voce, un odio allo stato puro capace di condizionare la sua reazione.
— Hai ucciso Enrico — sbottò.
Wesker premette più profondamente con la pistola. — Sì, ma non volevo farlo. Enrico ha trovato alcune informazioni che non avrebbe dovuto vedere, sapeva troppo. E se avesse rivelato a Jill ciò che sapeva sulla Umbrella, avrei dovuto uccidere anche lei.
— La ucciderai comunque. Ci ammazzerai tutti... Wesker sospirò, permettendo a una sfumatura implorante di trapelare nella sua voce. — Non è vero! Non capisci... voglio solo arrivare ai laboratori prima che qualcun altro li scopra! Una volta che il materiale sarà distrutto, non c'è ragione perché qualcun altro si faccia del male. Possiamo... andarcene tutti.
Barry non rispose e Wesker intuiva che voleva credergli, che voleva disperatamente credere che le cose sarebbero state così semplici. Wesker gli concesse un attimo per riflettere prima di insistere.
— Voglio solo tenere occupata Jill, tenere lei e chiunque altro incontri lontano dai laboratori, almeno per un poco. Le salverai la vita... e io ti giuro che non appena avrò fatto ciò che devo, tu e la tua famiglia non sentirete più parlare di me.
Attese qualche istante. E quando Barry finalmente parlò, seppe di averlo in pugno.
— Dove sono i laboratori? "Bravo ragazzo!"
Wesker abbassò la pistola, mantenendo l'espressione imperturbabile nel caso gli occhi di Barry si fossero abituati all'oscurità. Trasse un foglio piegato dalla tuta e lo fece scivolare nella mano dell'agente, una mappa dei tunnel al primo livello del sotterraneo.
— Se per qualche ragione non riesci a tenerla lontana, almeno stai con lei. Ci sono un sacco di celle dotale di solide serrature quaggiù. Se le cose dovessero mettersi al peggio, puoi rinchiuderla sinché non è finito tutto. Sono sincero, Barry... nessun altro deve l'arsi male. Dipende tutto da te.
Wesker arretrò rapidamente, protendendosi per prendere la leva con la punta esagonale che aveva lasciato vicino al generatole. Per qualche secondo ancora osservò Barry, vide le spalle massicce abbassarsi stancamente, il cenno di sottomissione del capo. Soddisfatto, Wesker si voltò e lasciò al stanza. Se mai c'era una minima possibilità che qualche agente STARS arrivasse ai laboratori, il signor Burton si sarebbe accertato che non si verificassero altri problemi.
Si affrettò a ritornare sino all'ingresso del tunnel, congratulandosi silenziosamente con se stesso per aver ripreso il controllo della situazione mentre si dirigeva verso il primo meccanismo di passaggio. Da quel momento in avanti avrebbe dovuto muoversi più in fretta, perché c'erano un paio di cose di cui non aveva parlato a Barry... come il picchetto di sicurezza sperimentale che sarebbe stato scatenato nelle gallerie una volta che avesse utilizzato la leva per la prima volta.
"Mi spiace, Barry. Mi è scappato di mente." Sarebbe stato interessante vedere come la squadra avrebbe affrontato i 121, i Cacciatori. Vedere gli agenti STARS servirsi di tutta la loro abilità contro quelle creature sarebbe stato sicuramente uno spettacolo... che, purtroppo, lui si sarebbe perso.
Peccato, davvero. I Cacciatori erano stati rinchiusi per un periodo molto lungo, e sarebbero stati molto, molto affamati.
15
Barry era via da troppo tempo. Jill non aveva idea di quale fosse l'estensione delle gallerie, ma, da quello che aveva visto, sembravano tutte uguali. Barry poteva essersi perso, cercando la via del ritorno. O forse aveva trovato l'assassino e, senza qualcuno che gli copriva le spalle...
"Potrebbe non tornare indietro affatto."
In ogni caso, starsene là al sicuro non sarebbe stato di nessun aiuto. Jill si rizzò in piedi, scoccando un ultimo sguardo al pallido viso del capo della squadra Bravo, e prima di allontanarsi gli augurò silenziosamente di trovare la pace.
"Cos'ha scoperto che ne ha causato la morte? Di chi si trattava?"
Enrico era riuscito solamente a identificare il traditore come un lui, ma non si trattava esattamente di una rivelazione che restringesse il campo d'indagine; salvo lei stessa e la recluta, gli agenti della STARS a Raccoon erano tutti maschi. Poteva escludere Chris, poiché il giovane era stato convinto sin dall'inizio che ci fosse sotto qualcosa di grosso... e adesso Barry, che era stato insieme a lei quando Marini era morto. Brad Vickers semplicemente non era il tipo da fare qualcosa di pericoloso. E Joseph e Kenneth erano morti...
"... il che lascia Richard Aiken, Forest Speyer e Albert Wesker..."
Non le sembrava possibile che il traditore fosse qualcuno di loro, ma doveva almeno considerare quella possibilità. Enrico era morto. E lei non aveva più dubbi sul fatto che la Umbrella avesse in tasca uno degli agenti STARS.
Quando raggiunse la porta, si chinò per stringere i nodi dei lacci inumiditi degli stivali da combattimento, preparandosi all'azione. Chiunque avesse ucciso il capo della squadra Bravo avrebbe potuto facilmente far fuori anche Barry e lei... e siccome non l'aveva fatto, doveva dedurre che non voleva uccidere più nessuno, e non avrebbe cercato altri bersagli. Presumendo che si trovasse ancora nei sotterranei, lei avrebbe dovuto muoversi il più silenziosamente possibile se voleva stanarlo; i tunnel erano dei perfetti conduttori per il rumore, capaci com'erano di amplificare ogni più piccolo suono.
Aprì con cautela la porta di metallo e s'inoltrò nell'oscuro tunnel, rimanendo rasente al muro. Davanti a lei, il corridoio era buio. Decise allora di tornare per la strada da cui era venuta: le tenebre sarebbero state un'ottima opportunità per tendere un'imboscata. Non voleva scoprire di essersi sbagliata sulle intenzioni del killer prendendosi una pallottola. Un suono basso e strascicato riverberò attraverso le spesse mura di pietra, un rumore simile a quello che avrebbe prodotto il movimento di una creatura di grosse dimensioni.
Istintivamente Jill si servì di quel suono come copertura, compiendo diversi passi sul terreno scivoloso e raggiungendo la successiva porta di metallo nel momento in cui il frastuono cessava. Jill scivolò nel tunnel dov'era incappata in Barry, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
"Cosa diavolo era? Sembrava come un'intera parete in movimento!"
Rabbrividì, ricordando il soffitto semovente al quale era sfuggita per un soffio nella villa. Forse anche i tunnel nascondevano dei trabocchetti, quindi doveva stare attenta a ogni passo che faceva. L'idea di morire schiacciata da qualche bizzarro meccanismo sotterraneo...
"Magari come quello vicino al pozzo, quello con il foro esagonale?"
Annuì lentamente, decidendo che doveva proprio dare un'occhiata più attenta a quelle porte oltre quali sino a quel momento non era riuscita a passare. Forse il killer aveva lo strumento necessario e il rumore che aveva udito era stato prodotto dal meccanismo in azione. Poteva sbagliarsi, ma non avrebbe corso nessun pericolo a controllare...
"e almeno non mi perderò."
Raggiunse la porta che l'avrebbe ricondotta sui suoi passi e si fermò, reclinando il capo per cogliere lo strano suono che veniva dal corridoio alle sue spalle. Si trattava di un cardine arrugginito? Qualche genere di uccello, forse? Di qualsiasi cosa si trattasse, era un suono fragoroso.
Thump. Thump. Thump.
Lo conosceva, quel rumore. Passi, nella sua direzione, e doveva essere Barry o qualcuno delle sue dimensioni. Erano pesanti, faticosi... ma troppo distanziati, troppo... calcolati.
"Va' via di qui! Subito!"
Jill serrò il chiavistello di metallo e spiccò un balzo in avanti, senza più curarsi del rumore che produceva. Anche se a volte non comprendeva esattamente i loro segnali, i suoi sensi non la ingannavano mai... e le stavano dicendo che chiunque, o qualunque cosa, stesse provocando quel rumore, lei non avrebbe voluto trovarsi là quando si fosse mostrato.
Compì diversi passi di corsa lungo il corridoio di pietra, lontano dalla scala che l'aveva portata nel cortile... poi si costrinse a rallentare, traendo un profondo respiro. Non poteva neppure continuare a correre avanti: c'erano altri pericoli oltre a quello che aveva alle spalle...
Dietro di lei, la porta si aprì.
Jill si voltò, sollevando la Beretta... e rimase inchiodata dall'orrore a guardare la cosa comparsa davanti ai suoi occhi. Era enorme, e di forma umana... ma la somiglianza terminava là. Nudo, ma senza sesso, l'intero corpo muscolo era coperto di un'epidermide a scaglie, da anfibio, di una sfumatura color verde. Era chino sulle braccia così incredibilmente lunghe da toccare il terreno, mani e piedi dotati di spessi artigli dall'aspetto brutale. Gli occhi piccoli e luminosi la scrutavano da un cranio piatto, simile a quello di un rettile.
La creatura volse il suo sguardo bizzarro verso di lei, spalancò le larghe mascelle... e lasciò sfuggire un lamento stridulo, terribile e diverso da ogni altro rumore che Jill avesse mai udito. Il suono riecheggiò intorno a lei, riempiendola di mortale terrore.
Jill sparò tre colpi che andarono a schiantarsi contro il petto della creatura e la costrinsero a compiere un barcollante passo indietro. L'essere inciampò, cadde contro la parete del tunnel...
... e con un altro grido terribile si scagliò su di lei, dandosi la spinta sulle pietre con le poderose gambe, gli artigli protesi pronti a ghermirla.
Jill sparò nuovamente mentre la creatura sembrava volarle addosso, e i proiettili andarono a piantarsi nella carne putrescente, nastri di sangue scuro che colavano via...